La parola mancante sulla lapide per Giorgio Boris Giuliano - Live Sicilia

La parola mancante| su quella lapide per Giuliano

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    “mi sono accorto di un particolare secondo me rilevante”. C’è voluto il Coronavirus, e quasi 41 anni di ininterrotta, inconsapevole riflessione, ma finalmente il particolare molto rilevante è venuto a galla. E dire che la parola mancante in quella lapide e ‘nelle tante lapidi commemorative di cui Palermo e la Sicilia sono piene’ non è altro che un vigliacco atto di omissione. A testimonianza imperitura dell’ipocrisia che ammanta le istituzioni.

    La questione posta, poiché sono convinto che lo sia in buona fede, non la definisco ipocrita, ma superficiale e stucchevole. E’ il frutto di quell’abito mentale che impone obblighi formali e che, esauriti questi, fa sentire soddisfatta la parte più importante di un problema. Io conosco quella lapide e quando mi accorsi della sua dicitura mi dissi che sembrava scritta da Boris Giuliano in persona. Cioè da una persona seria, che sapeva quali fossero le cose serie. E con una famiglia che si è distinta per serietà non foss’altro che per non avere intrapreso attività di “successo” in nome del proprio congiunto vittima della mafia. Boris Giuliano agì contro la criminalità organizzata che, se si chiamava mafia o Cosa nostra o altro, per lui non rappresentava uno stimolo in più. Egli era un servitore dello Stato ed agiva contro chi violava la legge. E in quella lapide c’è tutto. Io non so se chi la scrisse si astenne volutamente dal citare la mafia. La morale (interna, quindi) è insondabile. Ma so che la dicitura su quel marmo non manca di nulla. E se vi fosse citata la parola mafia nulla aggiungerebbe all’operato di uno dei grandi poliziotti che hanno operato a Palermo. E se purtroppo c’è ancora chi ritiene che non basti citare la criminalità organizzata per esprime la feccia dell’umanità (non l’unica), non possiamo dolerci di quell’antimafia di facciata che abbiamo imparato a conoscere e a disprezzare. Mi pare che proprio Giovanni Falcone si dolse dell’uso della frase “giudice antimafia”, affermando che lo sono tutti i magistrati, ma che alcuni hanno l’incarico specifico del contrasto alla mafia. Se politici e loro portaborse, se alcuni giornalisti e se alcuni magistrati si sono compiaciti di sostituire il senso di una funzione (contrasto alla mafia) con una prerogativa morale (antimafia), questo è stato e come leggiamo è ancora un vizio oratorio che non giova alla formazione sana della società. Aneddoto grottesco fu quello che vide Papa Benedetto XVI criticatissimo perché nel suo primo intervento a Palermo non aveva citato (come la lapide per Boris Giuliano) la parola mafia. Emerse una canèa di proteste. Poi si seppe che l’argomento era stato previsto, come avvenne, nel pomeriggio. Era un uomo serio Boris Giuliano. Dovremmo rispettarlo con la stessa moneta.

    “E se purtroppo c’è ancora chi ritiene che non basti citare la criminalità organizzata per esprimere la feccia dell’umanità, non possiamo dolerci di quella antimafia di facciata che abbiamo imparato a conoscere e a disprezzare”.
    Mi sfugge il senso della frase. Può spiegarmela?

    La sua domanda è quanto mai pertinente, ma una risposta esauriente comporterebbe una spiegazione lunga e, possibilmente, in forma di dialogo. Ci provo, quindi. Nel comune sentire (anche fra i così detti addetti ai lavori) la differenza tra mafia e criminalità organizzata ha una sostanza che non corrisponde più da qualche decennio con lo stato delle cose. In realtà la vera differenza sta in questo: è mafia quel tipo di criminalità organizzata che “gode” dell’accettazione popolare; non significa che gli altri le siano complici, ma che non le siano fattivamente ostili. Dopo la morte di Falcone e Borsellino e grazie alle miriadi di iniziative che hanno coinvolto la società, questa ha modificato il proprio approccio che, da quasi disinteressato, si è trasformato in massa critica. E’ ciò che viene definito “rivoluzione delle coscienze”. Ecco che la mafia si è rimpicciolita e che, grazie alla decapitazione degli esponenti trainanti, ha somigliato sempre più alla criminalità organizzata. Ma qui è nato l’intoppo, sia sul fronte cognitivo sociale che su quello operativo. Infatti, molti di coloro che, tra i politici, tra i magistrati, tra i giornalisti, se ne sono occupati “in esclusiva, non hanno saputo o voluto prendere atto della “sfumatura” e hanno continuato a chiamare mafia anche la criminalità organizzata. Ciò ha creato paradossi, “infortuni” giudiziari e, soprattutto, ha dato fiato alla criminalità organizzata, composta anche dagli epigoni, dagli ex picciotti di mafia, che hanno avuto modo, titolo e “sentimenti” per continuare a sentirsi al “rango” dei mafiosi. Insomma, un letamaio che ne ha imitato un altro. L’antimafia di facciata, cioè quella che, senza la mafia considerata possente come un tempo, si ridurrebbe di “importanza”, di visibilità, di credito (da parte dei creduloni) e quindi, un po’ in buona fede e un po’ no, ha continuato (e continua) a sbandierare la mafia come se nulla fosse accaduto. In realtà la mafia esiste ancora, ma in sacche delimitate. E, come affermò uno che ne capiva (Giovanni Falcone) come ha avuto un inizio avrà una fine. Invece la criminalità organizzata è connaturata alla natura degli uomini quando sono criminali, da sempre e con i criteri dei vari tempi. Ecco perché quest’ultima non finirà mai. Non so se ho esaudito la sua domanda, ma, vista la tipologia di un semplice commentario, non potevo di più. Cordialità. P.S.: leggo che ha usato il mio pseudonimo con una variante: Non pensi che l’anello che io mi attribuisco sia quello del troglodita. E’ quello del toro che manda a gambe all’aria ciò che lo disturba

    Grazie per la risposta chiara ed esaustiva (latitudine panormita…..). Ritengo tuttavia che la segnalazione di Pippo Russo sia condivisibile. L’inserimento nella targa della parola mafia sarebbe stato opportuno. Anche alla luce della sua differenziazione sul piano storico tra mafia e criminalità organizzata. Il fatto avvenne nel 1979.
    P.S. La variante al nickname è dovuta al fatto che il mio cognome è proprio Anello
    Cordialità

    Grazie per la risposta chiara ed esaustiva (latitudine panormita…..). Ritengo tuttavia che la segnalazione di Pippo Russo sia condivisibile. L’inserimento nella targa della parola mafia sarebbe stato opportuno. Anche alla luce della differenziazione da lei fatta, sul piano storico, tra mafia e criminalità organizzata. L’omicidio avvenne nel 1979.
    P.S. La variante al nickname è dovuta al fatto che il mio cognome è proprio Anello
    Cordialità

    Sul suo dichiarato cognome mi permetto di mantenere qualche riserva. In merito alla correzione della lapide: la modificazione proposta avverrebbe oggi e costituirebbe una ”notizia”, non nel senso possente del termine, ma per il suo rimbalzo sui mass-media e per la “corsa” a partecipare che inevitabilmente vedrebbe – pur senza numeri sulla maglietta – i soliti utilizzatori dell’antimafia formalistica. Questa ineludibile circostanza entrerebbe nella consapevolezza specialmente dei più giovani, che continuerebbero con accresciuta ignoranza a subire le imposture che in questi nostri tempi impediscono di selezionare ciò che è stato mafia e ciò che è criminalità organizzata. Quindi: giusto, seppur non indispensabile, sarebbe stato inserire la parola mafia al tempo in cui la lapide venne concepita e collocata; fuorviante sarebbe oggi, con il senso rimediatore che avrebbe, dare la percezione se non la certezza che, senza quella parola, i meriti e il sacrificio di Boris Giuliano varrebbero di meno. In definitiva: l’aggiunzione non servirebbe se non a porre fuori tempo un problema, ma con l’enfasi che conosciamo e che aggiunge “prestigio” criminale agli attuali delinquenti professionali associati. /// Non dovrei dirlo io, ma da una sfumatura del suo intervento m’è parso di capire che lei ha buone letture… Cordialità.

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Beppe è stato l'espressione vivente della pratica della Medicina di Qualità, basata sul rapporto empatico e la conoscenza dei metodi per fare la migliore scelta sul singolo paziente. Ha rappresentato per anni il punto di riferimento e di confronto di molti di noi medici, che di lui abbiamo amato il garbo, la competenza, la riservatezza, l'ironia, l'amore per la sua famiglia, la disponibilità verso tutti. Ti abbiamo voluto e Ti vorremo sempre bene!

Emerge il vero spessore politico e soprattutto morale di Miccichè. Se pensiamo che costui ha avuto un ruolo primario nelle istituzioni quanto emerge appare molto inquietante. Dovrebbe dimettersi immediatamente da deputato Regionale per avere calpestato la dignità del ruolo istituzionale che svolgeva e svolge e dovrebbe essere processato per il suo comportamento immorale privo di un minimo di rispetto per se stesso e per le istituzioni. Mi chiedo come i Siciliani per 30 anni e soprattutto i Palermitani l'abbiano votato. Purtroppo non è l'unico ad essere così a Palermo e come a Roma.

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