PALERMO – “Fu De Caprio, il cosiddetto capitano Ultimo, all’epoca quasi un eroe nazionale, a chiedermi di non perquisire il covo di Riina, sostenendo che avremmo altrimenti compromesso sviluppi investigativi importanti. Io mi fidai e per me era scontato però che il Ros avrebbe proseguito la sorveglianza del nascondiglio del boss appena catturato”. Si torna a parlare delle vicende legate alla mancata perquisizione del covo di Riina, che provocarono un duro scontro tra carabinieri del Ros e pm di Palermo, al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. A parlarne è un teste privilegiato di quegli anni, l’allora procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, citato a deporre dall’accusa. Caselli ha ricordato “l’amarezza” provata dopo aver scoperto che il Ros aveva sospeso l’osservazione del covo dopo meno di un giorno dall’arresto e ha raccontato della dura lettera scritta alla Territoriale e al vertice del Ros per chiedere spiegazioni. “E’ chiaro che fu una vicenda grave – ha detto – ma i miei rapporti col Raggruppamento in quanto istituzione non cambiarono e rimasero formalmente buoni”.
(ANSA)