“Mio fratello mi disse che nel fallito attentato all’Addaura al giudice Falcone non c’entrava la mafia ma era coinvolta la Polizia”. Lo rivela, in un intervista a Repubblica, 20 anni dopo la scomparsa del fratello Emanuele, l’avvocato Gianmarco Piazza, 46 anni. Emanuele Piazza, collaboratore del Sisde, sparì nel marzo ’90. La sua scomparsa e’ stata più volte collegata con l’ omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino assassinato con la moglie incinta nell’89 a Villagrazia di Carini (Pa). Gianmarco Piazza ha consegnato alcune settimane fa una memoria ai pm palermitani e nei prossimi giorni sarà sentito sia dalla procura di Palermo, che indaga sull’omicidio del fratello, sia da quella di Caltanissetta che indaga sul fallitto attentato a Giovanni Falcone: candelotti di dinamite nascosti sugli scogli del litorale palermitano dell’Addaura dove il magistrato aveva affittato una villa nel giugno ’89. Nell’intervista Gianmarco Piazza dice di non aver raccontato prima la confidenza del fratello perché “non aveva fiducia negli inquirenti” soprattutto nei poliziotti “Salvatore D’Aleo e Vincenzo di Blasi”. Piazza mette in relazione con la scomparsa del fratello anche la sparizione di un vigile del fuoco suo amico Gaetano Genova. Per l’uccisione di Genova, col metodo della lupara bianca, sono stati condannati i pentito Enzo e Giovanni Brusca e il mafioso Salvatore Madonia. I presunti resti di Genova sono stati fatti trovare da Enzo Brusca che ha raccontato che il pompiere era stato ucciso perché aiutava Emanuele Piazza a cercare latitanti
Partecipa al dibattito: commenta questo articolo