Appannato, ma con un carisma non del tutto svanito, Silvio Berlusconi, vecchio marinaio avvezzo ai marosi, si è presentato in completo blu al popolo di Lampedusa. E’ finita in gloria. Perfino Raffaele Lombardo, consumato attore della nobile tradizione etnea, è apparso alla stregua di una simpatica comparsa, al fianco del mattatore indiscusso: il presidente del Consiglio. Berlusconi è un campione indiscusso nel marketing dei sogni, specialmente quando coincidono con i bisogni più terrestri e urgenti. Volare alto, per rispondere alle istanze che provengono dal basso. Niente mezze misure, niente compromessi, niente scorciatoie. Silvio va dritto al cuore. Dice alla gente proprio ciò che la gente vuole sentirsi dire in viso, per sgomberare l’animo dalla cappa pesante dell’angoscia. E Silvio è entrato in profondità nel muscolo cardiaco degli attoniti lampedusani. Si è librato, lievitando, intonso e magnifico, manifestandosi come il settimo cavalleggeri alla guanigione asserragliata in un fortino, circondato dagli apache.
Miele dolcissimo stillato dalle labbra del premier. “In 48-60 ore Lampedusa sarà abitata soltanto dai lampedusani”. E la candidatura al Nobel per la pace e la civettuola osservazione sul colore dell’isola, come se si trattasse sul serio di dare una mano di vernice alle pareti, declassando l’emergenza a faccenda domestica, sia pure su vasta scala. Fino a ieri – parole sue – il presidente del Consiglio non aveva chiara la soluzione del busillis. E forse basterebbe questo ai malevoli comunisti acquattati negli angoli per tacciarlo di pressapochismo. Invece, conta il seguito. Il problema è finalmente stato risolto. La quadratura del cerchio è facile, quasi un gioco da bambini. E’ la grande forza del mantra berlusconiano. Gli altri si interrogano sui nodi spessi e cespugliosi. Silvio li scioglie. O almeno dice che sarà fatto così. Tocco di classe: la casa comprata a Lampedusa, per diventare un po’ più intimo dei residenti stremati, ora sotto la protezione personale del presidente in persona. Alla fine dell’orazione, applausi, autografi e cori. Dove c’è un regno – per scelta o disperazione – c’è sempre la corona di un re.