PALERMO – Una grana per la Sanità in Sicilia il tentativo di incrociare attività e carriere di clinici universitari e medici ospedalieri. Con questi ultimi che parlano di “padrini” e “amici degli amici”, come fa il segretario nazionale della Federazione medici ospedalieri (Fesmed), il ginecologo Carmine Gigli, chiedendo da Gorizia di bloccare alcune nomine. A cominciare da quella del Cervello-Villa Sofia di Palermo dove alla guida di Ginecologia e ostetricia, da tempo guidata dal facente funzioni Vincenzo Lo Bue, dovrebbe subentrare il professore Antonino Perino proveniente dal Policlinico.
Un’altra grana per Lucia Borsellino, l’assessore alla Salute, alla quale Gigli ricorda la posizione della sua categoria: “Contrari da sempre a questo tipo di inciuci. Come società scientifica contrastiamo questo da dieci anni, da quando accadde a Pistoia. Con immediati ricorsi al Consiglio di Stato che ci diede ragione. Lo stesso a Salerno dove si stava verificando una situazione analoga. Adesso Palermo. Stessi rischi e stessi ricorsi contro direttori generali imposti dal mondo politico, pronti a cogliere l’occasione per piazzare senza concorso negli ospedali primari designati da padrini universitari”.
Posizione durissima che sorprende ed irrita il direttore generale Gervasio Venuti, pronto ad evocare una storia di collaborazioni scientifiche fra l’ateneo e il Cervello, ricordando i tempi di luminari come i professori Pagliaro, Geraci, Cittadini: “Puntiamo a scelte di natura altamente professionale, nell’alveo di una tradizione aziendale. Altro che piazzare ‘amici degli amici’. E’ ridicolo, fuori luogo…”.
Dibattito aperto. Con Carmine Gigli preoccupato dal “caso Palermo” a lui esposto dal segretario siciliano della Fesmed, Giuseppe Canzone, direttore di Ostetricia a Termini Imerese: “Preferiscono non fare i concorsi”. E Gigli rilancia allarmato: “Non è possibile che l’università continui a cannibalizzare gli ospedali. Eccessivo il mio linguaggio? Ma loro cercano di appropriarsi indebitamente di ruoli di dirigente di struttura complessa ospedaliera. Negli ultimi 5 anni sono scomparsi 1.500 posti in tutto il Servizio sanitario nazionale. Posti che non ci sono più. Se l’università si appropria di quelli rimasti, quale sarà lo sbocco professionale del medico ospedaliero?”.
Quesito che rimbalza sul direttore sanitario di Villa Sofia, Giovani Bavetta, a sua volta deciso a placare l’insofferenza dei suoi colleghi: “Si tratta di competenze separate. Didattica e governance ospedaliera possono incrociarsi. Come a Perugia dove il professore proveniente dall’università ha quattro posti letto per le gravidanze a rischio, per l’addestramento degli specializzandi, mentre il resto è attività e gestione ospedaliera. Ecco il tema di un protocollo d’intesa che inquieta perché ancora non è noto”.
È il protocollo sul quale ha lavorato Venuti: “Frutto dell’attuazione del decreto legge 517 del 1999 che prevede collaborazione e protocolli fra regioni e università, convenzioni volute dalla legge per una integrazione organica fra didattica e attività assistenziale”.
No. I medici ospedalieri guidati da Gigli non ci stanno: “I professori si tengano gli insegnamenti e lascino che gli specializzandi vengano a fare pratica in sala operatoria con noi. D’altronde, quando arrivano gli specializzandi, dobbiamo cominciare da capo la pratica…”.
La questione è nazionale, ma il primo pesante braccio di ferro si consuma in un ospedale palermitano in continua fibrillazione, ancora segnato da furiose polemiche attorno all’incarico di primario di chirurgia plastica attribuito a Matteo Tutino, medico personale di Rosario Crocetta, una medaglia al valore per lui, simbolo di una discutibile scelta per altri.