CATANIA. La svolta è arrivata nelle scorse ore. La Provincia regionale di Catania restituisce il velodromo Salinelle di Paternò al Comune. La delibera che decreta il passaggio è stata firmata dal commissario straordinario Antonella Liotta. La struttura oggi versa in uno stato pietoso: costata qualcosa come 10 miliardi delle vecchie lire; vandalizzata fino a lasciarne lo scheletro; “casa d’accoglienza” per immigrati; ricettacolo di spaccio della droga ed allevamento di cani da combattimento. L’amministrazione comunale, con in testa il sindaco Mangano e l’assessore Cavallaro, aveva chiesto nei mesi scorsi la possibilità di poter agire in prima persona riottenendo la proprietà di una struttura che a fine degli anni novanta era passata alla provincia per via dell’installazione della pista destinata al ciclismo che alla fine non è mai stata consegnata.
“Compiendo una ricognizione di dieci anni di carte – racconta il commissario Liotta – ho scoperto che il finanziamento iniziale, cosa che chiunque se ci avesse lavorato avrebbe potuto verificare, è stato fatto direttamente al Comune di Paternò; che il sito è di proprietà del Comune di Paternò; che la Provincia è intervenuta con una integrazione di finanziamento solo perché quello iniziale non era sufficiente. Dopodichè, ci sono state tutte le vicende di contenzioso che chiaramente restano a carico della Provincia perché non possiamo chiuderle così. Riteniamo opportuno che il Comune si riappropri, intanto, della struttura visto che non esiste nemmeno una vigilanza su quel sito”.
Adesso, c’è da comprendere come uscire dalla battaglia giuridica legata all’intreccio Provincia-ditta-comune: “Lì c’è un danno pesante: un contenzioso che ha portato ad uno sperpero di denaro pubblico enorme – prosegue la Liotta -. C’era almeno l’intenzione di fare perlomeno chiarezza su chi toccasse intervenire per gestire quella struttura: adesso, il Comune di Paternò ne ha piena facoltà. Noi abbiamo il nostro responsabile del procedimento unico, il Comune paternese nominerà il suo e poi effettueremo il passaggio ufficiale in contraddittorio con la ditta”.
Viene spontaneo chiedersi e chiedere: “Ma non si poteva intervenire prima?”. “Ha ragione: la verità è che si sono persi soltanto dieci anni di tempo”.