Mari Albanese, consigliera di circoscrizione del Pd, a Palermo, ha scritto un libro edito da Navarra: ‘Cinque vite. Racconti inediti dei familiari della scorta di Paolo Borsellino’. Un omaggio a chi protesse il giudice fino all’ultimo. Qui, per noi, racconta.
Ho sempre amato le storie invisibili. Quelle che la grande storia tiene al buio e che non fluttuano attorno al cerchio della conoscenza. Le storie di vita che precipitano giù e vanno a perdersi chissà dove senza fare rumore.
Il boato del 19 luglio
Il boato del 19 luglio del ’92 ha risucchiato nel baratro oltre il Giudice Paolo Borsellino, cinque vite divenute, col tempo, trasparenti come l’acqua. Sto parlando dei “ragazzi della scorta” che chiamiamo eroi per evitare di rincorrere la memoria alla ricerca dei loro nomi. Per assolverci, in questa terra, i morti ammazzati dalla mafia diventano angeli o santi.
Immergiamo le dita nell’acqua santa e poi, un segno della croce prima di ogni messa commemorativa ci assolve dal peccato della dimenticanza. Cosi sono andata alla ricerca della bellezza che si sostanzia nel disvelamento dei volti che incontri e delle storie di vita che scegli di ascoltare e trattenere.
Non è stato facile iniziare a scrivere di queste cinque vite, ho trascorso molte settimane immersa nella pazienza e nella bellezza dell’ascolto. Ho raccolto testimonianze, racconti, lacrime, ma anche tanti silenzi che via via, si facevano parola.
Le storie si rincorrono per formare un cerchio. Ma prima che il cerchio si chiuda il compasso della memoria deve poter completare il giro su sé stesso. E la punta del compasso era ferma al centro, su Paolo Borsellino: la memoria collettiva in questi lunghissimi trentadue anni ha stilizzato la strage in questo modo.
I volti del coraggio
Dove sono andati a perdersi invece i volti di Emanuela Loi, Vincenzo Fabio Li Muli, Eddie Walter Cosina, Agostino Catalano e Claudio Traina? E le loro storie di vita? Ci siamo mai chiesti chi fossero realmente oltre la divisa che indossavano? Una mattina all’improvviso, sono stati loro a bussare alla mia porta, chiedendomi di lasciarli entrare, non da eroi, ma da esseri umani con le loro passioni, le loro paure, i loro amori infranti, la loro voglia di vivere rimasta appesa a un filo…
Le storie che non raccontiamo andranno perdute per sempre. Da qui l’impellenza di trattenerle, ricucirle e donarle alla nostra vita, a chi è rimasto e a chi ancora ci sarà. Nella loro struggente semplicità, incorniciati nei pranzi di Natale, al mare o tra le braccia dei propri cari. Non morte, ma vita.
A quel tragico appuntamento con la morte ciascuno di loro arriverà in modi e da luoghi diversi. Fabio, la domenica del 19 luglio si sveglierà con la gioia di una serata di festa appena trascorsa, accenderà i fornelli per cucinarsi una bistecca e prima di uscire telefonerà alla sua amata Victoria dandole un appuntamento per la sera.
Claudio andrà a pescare per l’ultima volta con suo fratello Luciano. Emanuela, si sveglierà nella sua camera, ascoltando la sua musica preferita. Eddie, invece avrà avuto il sorriso stampato in viso pensando al ritorno nella sua Trieste pochi giorni dopo.
Agostino quel giorno non era di turno, ma il destino o il caso ha voluto che dovesse sostituire un collega. Quell’inesorabile 19 luglio li terrà uniti per sempre, stretti dentro a un contenitore chiamato Scorta.
‘Cinque vite’
Il mio libro: “Cinque vite. Racconti inediti dei familiari della scorta di Paolo Borsellino” è partito da più lontano e per arrivare a quel tragico pomeriggio, ha viaggiato attraverso le loro vite e alle testimonianze dei loro cari.
Anche quando ho sentito di non poter arrivare fino in fondo, quando ho pensato che non avrei retto, che tutto il dolore che mi sommergeva era troppo difficile da rendere a parole, tutti sono arrivati in mio soccorso, rammentandomi che andava fatto, che le loro vite meritavano d’essere raccontate.
Io ho sentito la responsabilità di andare a cercare quelle parole che adesso sono tutte qua, strappate al mantello dell’oblio.