La proposta a luci rosse dell’onorevole Nello Musumeci merita di essere presa sul serio e perciò, leggo, attraverso documenti disponibili sul web che all’anno 2007, il giro d’affari della prostituzione s’aggirava attorno ai 90 milioni di euro al mese. La cifra è davvero notevole. Le stime sono dell’Università di Trento e sono state confermate da un’indagine del Gruppo Abele di don Ciotti, quindi le fonti sono più che attendibili. Ora, è utile riportare la tabella dei dati per non stare a discutere d’aria fritta ed entrare nel merito della questione:
– Sulle strade italiane ogni anno si prostituiscono circa 30.000 persone, che rappresentano il 65% del totale delle prostitute. Di queste infatti, solo il 35% esercita la propria attività in case private o locali.
– Su 100 prostitute almeno 20 sono minorenni.
– La maggior parte di esse sono straniere, soprattutto nigeriane, albanesi, polacche e bielorusse, ma i paesi rappresentati sono oltre 60, spesso i più poveri e martoriati del mondo.
– 10 prostitute su 100 sono vittime del racket, condotte in Italia con il miraggio di un lavoro dignitoso e poi, sequestrati i documenti, sono costrette a prostituirsi attraverso violenze feroci e minacce rivolte anche a parenti, genitori o figli rimasti in patria.
– Ogni mese una prostituta rende al proprio sfruttatore dai 5.000 ai 7.000 euro.
– Sono nove milioni i clienti che si rivolgono al sesso a pagamento. L’80% di questi, chiede un rapporto non protetto dal preservativo.
– Novanta milioni di euro è l’ammontare mensile stimato del business della prostituzione in Italia.
Letti i dati, si capisce, che una legge che volesse seriamente affrontare la questione, sarebbe in grado di risolvere gli aspetti oscuri che stanno attorno al fenomeno della prostituzione. Come se non bastasse, oltre a regolamentare il disordine e la schiavitù, una legge seria, permetterebbe allo Stato, di racimolare consistenti gruzzoli di euro; dati per buoni i novanta milioni di euro al mese, una tassa che trattenesse il 20% o il 25%, sarebbe una tassa bassa e quindi anche ben accetta alle volontarie dell’amore e incasserebbe euro che invece finiscono a finanziare altro crimine. E pensiamo anche che questi dati sono bloccati al 2007, perché è arduo censire un fenomeno che in Italia ha connotazioni altamente criminali. Si capisce che parlare di “sex workers”, e non di prostitute, sarebbe possibile a certe condizioni e cioè facendo in modo di offrire un profilo davvero professionale alle prostitute.