La triste ordinarietà dell'emergenza Rap e il "martirio" di Todaro - Live Sicilia

La triste ordinarietà dell’emergenza Rap e il “martirio” di Todaro

Il presidente rifletta sulla sua sofferenza di non poter offrire un servizio migliore

La solita “emergenza” immondizia a Palermo. Mentre la Tari (tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti) inesorabilmente aumenta, di poco o di molto nel corso degli anni, i cittadini, quelli che il tributo lo pagano, hanno comunque dinanzi lo spettro continuo di questa finta emergenza, finta perché quando un’intollerabile disfunzione nell’erogazione di un servizio pagato dal contribuente onesto è permanente non la si può definire “emergenza” ma triste ordinarietà.

Al netto delle pesanti responsabilità della Regione Siciliana in materia, vi dedicheremo un discorso a parte, abbiamo letto di un’imminente assunzione alla Rap di nuovo personale, 106 unità, sarà sufficiente?

Sappiamo perfettamente di no, la carenza di personale rimarrebbe tutta lì e poi mancano i mezzi, i disponibili si guastano frequentemente. E così, eccoci alle periodiche “raccolte straordinarie” della monnezza accatastata in ogni dove, tralasciando le discariche a cielo aperto frutto dell’inciviltà panormita. In attesa di un’ennesima “emergenza”, magari in pienissima estate. I marciapiedi, già di loro dissestati, disastrati e trappole per pedoni giovani e anziani restano sporchissimi, rarissimo notare un operatore ecologico intento a spazzare e ripulire. Del resto, tempo perso se le cartacce si infilano nelle sterpaglie mai eliminate, nelle buche mai coperte.

Potremmo proseguire, invece ci fermiamo per sottoporre una considerazione al presidente della Rap (la società a capitale pubblico competente ai rifiuti del capoluogo siciliano) Giuseppe Todaro recentemente intervistato da Roberto Puglisi.

Nelle sue risposte alle domande del giornalista si percepisce la sofferenza di non poter offrire un servizio migliore, il senso del sacrificio tipico di chi rimane fermo al timone di una nave che oscilla pericolosamente nonostante la tentazione di abbandonare.

Ebbene presidente Todaro, mi perdoni la schiettezza: lei non è chiamato al martirio, lei è chiamato a gestire e, soprattutto, a garantire un servizio essenziale al cittadino.

Se non sussistono le condizioni minime per assolvere a tale compito, perché la politica come al solito non fa il suo dovere nell’assicurare risorse finanziarie, uomini e mezzi, lei lancia l’allarme una prima, una seconda volta, alla terza si alza, fa una bella conferenza stampa, sbatte la porta e se ne va.

Lei non ha alcun obbligo a restare, al contrario, lei ha l’obbligo di denunciare ciò che non funziona (ovviamente non per colpa sua) e andare via, e di corsa pure. Sennò la politica avrà sempre la possibilità di scaricare le proprie gravissime responsabilità sui gestori, sennò può sorgere il sospetto, parlo in generale, non è il suo caso, che si tratti del solito attaccamento alla poltrona assegnata secondo i ben collaudati riti spartitori della peggiore partitocrazia imperante (vedi, per esempio, quanto accade nella povera Sanità pubblica).

Intendiamoci, uguale discorso, preciso preciso, varrebbe per i vertici delle altre partecipate e per il comando della polizia municipale. Prima di accettare l’incarico, o in corso d’opera in caso di promessa dell’amministrazione a provvedere celermente, valutare lo stato dell’ente chiamato a dirigere e pretendere dalla politica, dal governo cittadino il necessario per rendere un servizio dignitoso alla collettività, oppure dire: “No, grazie” e voltare le spalle. Alla fine, è pur sempre una questione di serietà, se manca al mio interlocutore metto sul piatto la mia.

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