La vita comoda delle donne di mafia | Un Suv Bmw per la moglie del boss - Live Sicilia

La vita comoda delle donne di mafia | Un Suv Bmw per la moglie del boss

Il neo pentito Danilo Gravagna

Anche la storia di una macchina può raccontare gli intrecci fra i clan mafiosi di Palermo e provincia. Così la ricostruisce il neo collaboratore di giustizia di Porta Nuova, Danilo Gravagna.

PALERMO – Alla moglie del boss bisognava garantire ogni comodità. E così la consorte di Tommaso Lo Presti, uomo forte a Porta Nuova, iniziò a circolare a bordo di un Suv della Bmw, modello X5. Solo che nessuno finì di pagarlo e il mezzo rientrò in concessionaria.

Anche la storia di una macchina può raccontare gli intrecci fra i clan mafiosi. A ricostruirla il collaboratore di giustizia di Porta Nuova, Danilo Gravagna: “Tommaso Di Giovanni che è cugino del Lo Presti, quando Tommaso Lo Presti è stato arrestato – ha messo a verbale il neo pentito – sono subentrarti i suoi cugini, prima Gregorio e poi Tommaso, siccome la moglie andava sempre a colloquio, dal marito, Tommaso gli ha regalato una macchina, una X5 e l’ha comprata presso un concessionario di Villafrati… solo che Tommaso ha dato 10 mila euro in contanti e 20 mila dovevano essere corrisposti nell’arco del tempo, quando Tommaso è stato arrestato, in pratica non ha più potuto finire di pagare questa macchina…”.

Comoda la macchina lo era, senza ombra di dubbio, ma non sempre le cose per chi vi stava a bordo filavano lisce: “… c’erano problemi di documentazione… ogni volta che la signora Teresa, che è la moglie di Tommaso Lo Presti, veniva fermata aveva sempre dei problemi e ha chiesto a noi tramite il cugino Giuseppe, che è fratello di Tommaso, di farcene occupare a noi se potevamo sistemare questa situazione”. E così Gravagna sarebbe andato ad incontrare Piero Liga, a Bagheria, “e gli ho esposto questo problema della macchina… non è stato risolto perché Bagheria doveva 20 mila euro tramite un lavoro di costruzioni a Porta Nuova a noi, allora abbiamo deciso in seguito, sempre tramite Di Giacomo Giuseppe, di lasciare questi 20 mila euro a farli recapitare alla persona della macchina, sempre tramite Bagheria”.

Salta fuori, dunque, un altro nome, quello di Giuseppe Di Giacomo, assassinato un anno fa alla Zisa. Di Giacomo avrebbe pagato con la vita la scalata al potere, favorita anche dagli arresti eseguiti da carabinieri e poliziotti negli ultimi anni. Anche lui, nel periodo della reggenza della famiglia di Palermo Centro, mandamento di Portas Nuova, sarebbe stato investito della questione X5: “…. soltanto che il problema è stato che non ci sono mai arrivati questi soldi… – ha aggiunto Gravagna – non gli hanno dato più i soldi a quello di Villafrati… io in seguito sono andato a prendere il libretto… io e La Torre (Giuseppe La Torre, arrestato nel febbraio scorso assieme a Gravagna con l’accusa di estorsione ndr) a Bagheria, ho parlato con quello del concessionario… e ci ho detto fammi avere il libretto a questo punto perché tanto la macchina ti verrà pagata da Bagheria e lui effettivamente il libretto me lo ha dato…”.

La conferma sull’epilogo della faccenda, Gravagna l’avrebbe avuta incontrando il marito della donna che utilizzava la macchina,. E cioè quel Tommaso Lo Presti che, prima di finire di nuovo in cella nell’aprile 2014, era stato uno degli scarcerati eccellenti su cui si concentravano le attenzioni degli investigatori. “… poi io sono stato arrestato e un mesetto fa ho incontrato Tommaso Lo Presti… mi ha detto che la macchina gli è stata restituita a Villafrati… perché i soldi non ci sono mai arrivati, non glieli hanno più dati i soldi a quello di Villafrati”.


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