Lacrime per Ninni e Roberto|Siamo cresciuti contando i morti - Live Sicilia

Lacrime per Ninni e Roberto|Siamo cresciuti contando i morti

Un giorno di pioggia e di sentimenti Trentacinque anni dopo l'orrore della mafia.

PALERMO- Piove una pioggia cattiva, in piazza già Alcide De Gasperi, sulla lapide che ricorda il sacrificio dei due ragazzi nella foto, trentacinque anni fa. Ragazzi perché ‘gli eroi son tutti giovani e belli’. Ragazzi perché non invecchieranno mai, Ninni Cassarà e Roberto Antiochia. Il comunicato che annuncia la cerimonia per l’anniversario dice già tutto, con affettuosa precisione.

Morirono insieme

Eccolo: “Antonino Cassarà, Vice Capo della Squadra Mobile di Palermo e l’agente Roberto Antiochia condivisero parte della loro vita professionale raggiungendo importanti successi nella lotta al crimine. Insieme trovarono anche la morte in viale Croce Rossa, quando furono abbattuti da una sventagliata di kalasnikov a pochi passi dall’abitazione del funzionario di Polizia dove Cassarà era atteso dalla moglie e dai figli. In quegli anni difficili e scomodi per gli uomini dello Stato, Antonino Cassarà rappresentò un naturale ed abituale interlocutore per i magistrati impegnati sul fronte dell’antimafia. Egli fu l’interlocutore per eccellenza della Polizia di Stato, garantendo una sicura e proficua collaborazione agli investigatori del ‘pool’, come Giovanni Falcone, impegnati nella lotta a Cosa Nostra”. Era il 1985. Lo stesso giorno di cinque anni prima era toccato al giudice Gaetano Costa trovare la morte, pure lui per mano della mafia.

Piove. Accanto alla lapide ci sono i fotografi. Alcuni di loro erano sul campo, quando Palermo nuotava nel sangue. Le foto che scattano si riconoscono subito. Hanno il taglio di chi cerca un’angolazione perenne perché sa che ‘domani’ non è una parola scontata. C’è il commissario Manfredi Borsellino. Chissà se sta pensando alla sua vita nel 1985. Sette anni dopo, lui e le sue sorelle sarebbero rimasti orfani.

Il 1985 e quattordici anni

Millenovecentottantacinque e quattordici anni. Le prime feste da ballo, con le distinzioni canoniche tra ‘lenti e veloci’. Il primo tentativo di impegno. E la prima estate insanguinata per quella adolescenza. Le giovani generazioni a Palermo crescevano così, col rintocco del piombo o del tritolo. Eri appena un ragazzo che si stava sporgendo sul davanzale del mondo. E il telegramma siciliano della realtà immediatamente ti inchiodava. Ti comunicava che la tua esistenza sarebbe stata diversa rispetto a ogni altro posto. Ognuno aveva il suo battesimo del dolore collettivo. Sì, molto spesso d’estate. Millenovecentottantacinque, Ninni e Roberto sullo stesso asfalto. E non solo loro.

“Fare memoria”

Non smette di piovere. Il trombettiere della polizia che suonerà il Silenzio trova riparo sotto l’ombrello del cronista. Ci sono ragazzi in uniforme. Alcuni erano gli studenti di quelle estati caldissime. E fu allora che decisero di schierarsi dalla parte giusta. Vederli nell’uniforme che sognavano è un piccolo arcobaleno dentro la nuvolaglia. Il messaggio di cordoglio di Sergio Mattarella, un grande Presidente, uno che conosce le mutilazioni sulla propria carne: “Fare memoria dell’esempio di questi valorosi servitori dello stato significa rinnovare l’impegno per contrastare ogni forma di mafia e richiamare il senso etico di quanti, attraverso il loro agire, hanno rafforzato i valori della legalità e solidarietà nelle Istituzioni. In questo giorno di ricorrenza, desidero rinnovare i sentimenti di partecipazione e gratitudine del Paese ai familiari e ai colleghi delle vittime che in questi lunghi anni ne hanno ricordato l’ammirevole dedizione nello svolgimento delle loro attività professionali”.

Walk on life…

Un anno di pazzesche canzoni, il 1985. A ricordarle tutte ci vorrebbe l’enciclopedia. ‘Noi ragazzi di oggi’, ‘Walk on life’ e ‘Russians’ coprivano una sconfinata fetta di giovanissimi. Qualcuno, ‘Russians’ di Sting, la ballava perfino nelle feste, nonostante i suoi ritmi un po’ sepolcrali. L’anno del Verona campione e di Bubka che scavalcava il cielo a sei metri nel salto con l’asta. Eravamo ragazzi, pensavamo a questo. L’amore era un gioco agrodolce e indimenticabile tra un cuore di panna e un Super Santos. In molte case entravano due stipendi fissi. La scuola finiva gli inizi di giugno e le vacanze duravano tre mesi.

Lacrime per Ninni e Roberto

Adesso, invece è il 2020. Piove. Ci sono i familiari con tutte le impronte di un incancellabile dolore stampate in faccia. Le mascherine anti-Coronavirus accentuano l’espressione degli occhi. Lacrime per Ninni e Roberto. E non capisci più dove finisce la pioggia.


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