PALERMO – Una chiesa gremita ha accolto il feretro di Calogero Fanale, l’operaio Gesip di 60 anni che lavorava per il settore “Ville e Giardini” del Comune di Palermo, deceduto ieri in ospedale. Dopo un’agonia durata quasi un mese, le speranze si sono spente nel reparto di neurorianimazione di Villa Sofia dove era stato ricoverato il 7 agosto in condizioni disperate ed oggi, a salutarlo durante il suo ultimo viaggio, c’erano tutti coloro che lo amavano, dai parenti agli amici di una vita, dai componenti della confraternita di cui faceva parte, ai colleghi della Gesip.
Questi ultimi sono arrivati in tanti nella chiesa di Maria Santissima del Rosario di via Messina Marine e, per dare l’addio a Fanale, hanno indossato una t-shirt nera con scritto “Calogero riposa in pace”. Sul retro della maglietta si leggeva “Ci stanno uccidendo tutti”. Il feretro dell’operaio di 60 anni che aveva riportato ferite gravissime dopo l’impatto contro un albero alla Favorita, è stato portato a spalla dai familiari da casa fino alla chiesa che si trova nella zona della Bandita.
Fanale abitava lì da tantissimi anni, nel quartiere lo conoscevano tutti e in tanti sapevano quanto aveva sofferto per la perdita della moglie, avvenuta un anno fa. “Adesso speriamo che l’amministrazione comunale non lasci da sola Irene, che ha soltanto 25 anni e non lavora. L’attività del padre era la sua unica fonte di sostentamento”, hanno detto i parenti della ragazza. Fanale era in cassa integrazione, prestava servizio presso “Casa Natura” e quel giorno, come ha raccontato la figlia, stava tornando in ufficio insieme al suo collega 61enne Francesco Paolo Puccio, anche lui rimasto ferito e dimesso da alcuni giorni.
Stamattina alla cerimonia celebrata da padre Gioacchino, il popolo Gesip si è così stretto intorno ai familiari dell’operaio ed è proprio alla società partecipata del Comune che il sacerdote si è rivolto durante l’omelia: “Per un’azienda non devono contare soltanto i numeri – ha detto – ma anche l’aspetto umano dei propri dipendenti. Un’azienda deve guardare i propri lavoratori come persone. A noi, invece, spetta adesso stare vicino alla figlia, alla nonna e a tutti coloro che sentiranno la straziante mancanza di un uomo buono, che ha sempre frequentato questa chiesa e faceva parte della confraternita da molto tempo”.
Al termine della messa, amici e parenti hanno nuovamente portato a spalla il feretro dell’operaio per le strade della borgata, facendo una piccola sosta davanti alla statua di padre Pio. “Abbiamo pregato per lui – dice la nipote Sonia Muratore, ma sappiamo già che la sua assenza sarà dolorosissima. Noi non lo dimenticheremo mai, il suo sorriso e la sua forza ci accompagneranno sempre”.