CATANIA – Adelaide Bernardini ha ricoperto un ruolo significativo nel panorama della letteratura femminile di fine Ottocento – inizi Novecento, ma la critica successiva non le ha riconosciuto appeno il valore culturale che le spettava. Infatti viene ricordata raramente ed è conosciuta solo per essere stata la giovane moglie di Luigi Capuana, teorico del Verismo e una delle punte di diamante della letteratura ottocentesca.
Nonostante sia vissuta all’ombra del marito la Bernardini ha affiancato e sostenuto con grande passione, tenacia e determinazione le battaglie veristiche portate avanti dall’illustre consorte. Gli scritti della Bernardini, cospicui e vari per temi e generi, nonché il suo ruolo di autrice e collaboratrice di Luigi Capuana sono stati fino ad oggi spesso ignorati dalla critica. Ora lo spessore, l’incisività e l’importanza della produzione letteraria di Adelaide Bernardini affiorano nitide e gettano un faro di luce (dopo lunghi decenni di buio) sulla figura di questa donna che ha avuto, tuttavia un certo peso nel panorama culturale otto-novecentesco. E a far luce è un volume pubblicato nella Serie Studi della “Fondazione Verga” di Catania, di Dora Marchese, Ricercatrice indipendente di Letteratura italiana, che ricostruisce la vicenda culturale e umana della giovane moglie dell’autore della Giacinta e del Marchese di Roccaverdina.
A parte la differenza di età tra i due si instaurò un sodalizio artistico che portò spesso allo scontro della coppia con coloro che orbitavano nella cerchia di Capuana, in quanto la Bernardini, umbra di nascita, ma siciliana di adozione era dotata di un temperamento abbastanza volitivo e piuttosto polemico che la mise in contrasto con i nomi più illustri dell’intellighenzia di quel tempo da Luigi Pirandello a Filippo Tommaso Marinetti. Il volume della Marchese si colloca nell’alveo di un’ampia prospettiva della scrittura femminile di fine secolo e soprattutto nel dibattito dei temi cruciali dell’emancipazione, temi tanto cari alla Bernardini che, giustamente, le concedono quell’obiettività di donna e intellettuale.
Poetessa, narratrice, articolista, drammaturga critica e librettista, Adelaide Bernardini viene ricordata – afferma Dora Marchese nell’Introduzione – «vanta una produzione letteraria vasta per generi e per temi caduta irrimediabilmente nell’oblio. (…). La sua figura e soprattutto la sua larga produzione sono state dimenticate e quando il suo nome appare nei vari studi critici è in posizione ancillare rispetto a quella del marito (…) per sottolinearne un comportamento interessato e scorretto o per argomentare le sue presunte strumentalizzazioni nei confronti di Capuana come uomo e come scrittore». Per certi versi, insomma, trattasi di una damnatio memoriae vissuta, parzialmente, in vita che «si è voluta giustificare – puntualizza la Marchese – liquidando come mediocri gli esiti della Bernardini, specie quando paragonati erroneamente a quellei di Capuana e dei suoi sodali Verga e De Roberto».
Un giudizio, tuttavia, molto severo anche se la produzione letteraria della consorte del critico di Mineo «conta – puntualizza la Marchese – circa duecento poesie, una dozzina di testi teatrali», dei quali, allo stato attuale, sono stati pubblicate solo alcune novelle, spesso incluse in raccolte collettanee.
I detrattori della Bernardini sono spesso stati molto feroci nei suoi confronti, accusandola «più o meno esplicitamente – nota l’Autrice del volume – di aver utilizzato il nome e la fama di Capuana per farsi conoscere e essere, dunque, la scaltra manipolatrice di un uomo più anziano e fragile». La Bernardini è stata in vita oggetto di pamphet violentissimi con la sola finalità di distruggerla e infangarla come donna e come autrice e qui ne è testimonianza la Macellatio Capuanae Bernardinaque di Francesco Biondolillo, un testo zeppo di vergognose e infamanti accuse. Per non dimenticare il riverbero di giudizi negativi su di lei gettati da Luigi Pirandello e dai rapporti tesi con Angelo Musco, Nino Martoglio e Giovanni Alfredo Cesareo, intellettuali legati a profonda amicizia al consorte Luigi Capuana. A rendere ancora più esacerbato il temperamento irruento e riottoso della Bernardini erano i giudizi negativi nei riguardi dell’illustre marito, in quanto lei «puntualizzava, sottolineava e, in lettere e articoli – evidenzia la Marchese – le accuse e le critiche che venivano mosse a lei a al marito per ricusarle con violenta naturalezza».
Adelaide Bernardini, inizialmente nota con lo pseudonimo di “Chimera” è stata una testimone cruciale della storia politica, culturale e sociale d’Italia che ha dato, comunque, un suo notevole contributo alla vita letteraria dell’Italia postunitaria anche se adombrata dall’estro del consorte più famoso. La Marchese ricostruisce in questo volume, per la prima volta, la vicenda biografica e letteraria di Adelaide Bernardini attraverso uno scandaglio filologico e puntuale di tutta la sua produzione a partire dai materiali d’archivi, ossia opere edite e inedite, appunti, carteggi, prefazioni, articoli apparsi su giornali e riviste che sono collocati nella Casa-Museo “Luigi Capuana” di Mineo, Biblioteche nazionali e nella Casa-Museo dell’Attore di Genova. Il volume si può suddividere in tre grandi periodi: l’incontro con Capuana, il successivo trasferimento in Sicilia e l’ultimo, quello successivo alla morte del teorico del Verismo, che vede la Bernardini oberata di debiti.
La vita e la produzione della Bernardini, afferma Dora Marchese, può essere divisa in tre principali periodi, a partire dall’incontro con Capuana in cui, sostanzialmente, la scrittrice cerca una sua autonomia ed una sua affermazione per mezzo dell’importante compagno, ma indipendentemente dal suo credo artistico verista. Con toni dannunziani scrive opere di carattere mondano e sentimentale. In una seconda fase Bernardini si trasferisce in Sicilia, sposa Capuana e, pur mantenendosi saldamente legata ai motivi e ai temi peculiari alla sua scrittura, inizia una collaborazione più stretta con il marito che la porterà, ad esempio, a scrivere per il teatro siciliano.
Infine, il periodo del declino, successivo alla morte di Capuana, quando, rimasta sola e in balia dei debiti, impossibilitata a mantenersi esclusivamente attraverso la sua attività di scrittrice, ha gestito, con diversa fortuna, il patrimonio letterario del marito, non rinunciando, però, a continuare a pubblicare sino a tarda età sia in volume che su giornali e riviste.
In Appendice è riportato il testo teatrale Ammatula!, in dialetto siciliano, mentre nel volume sono presenti una selezione di testi che spaziano dalla poesia, alla prosa e al teatro, anche inediti. Un volume che, finalmente, assegna il giusto merito in primis ad una donna e poi ad un’intellettuale che ingiustamente la critica aveva fatto cadere nell’oblio totale.