Da semplice cristiano mi colpiscono le parole del Vangelo di Matteo quando Cristo istituì il primato di Pietro: “A te darò le chiavi del Regno dei Cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Perché questa premessa? Parto dall’ultimo intervento della Congregazione per la Dottrina della fede (ex Sant’Uffizio) che, acquisito il consenso papale, rigetta la richiesta di benedire le coppie omosessuali. Un atto di carità, per me un atto di giustizia, concesso da sacerdoti in Italia e nel mondo. Il diniego è motivato dal timore che dietro la benedizione possa cogliersi una sorta di legittimazione di una unione non conforme al disegno divino sulla trasmissione della vita attraverso un rapporto stabile, tra un uomo e una donna, nel sacro vincolo del matrimonio.
Torna prepotente il tema della sessualità vista dalla Chiesa, nei secoli, in termini di colpa quasi a dubitare che a creare l’Uomo dotato di sessualità sia stato proprio Dio. Sfortunatamente, lo dico da credente, il concentrarsi sulla sessualità intesa come colpa, se non finalizzata alla procreazione nell’ambito del matrimonio, ha indotto parecchi cattolici a considerare (forse) peccato la masturbazione o una convivenza “more uxorio” e non rubare soldi pubblici, evadere le tasse, la ricerca immorale del denaro, del potere, l’indifferenza verso i cosiddetti ultimi, il razzismo, l’intolleranza, la guerra. La storia (e l’attualità) ci offre un’infinità di spunti, quante atrocità commesse in nome di Dio e da cristiani cattolici. Comunque, nulla di sconvolgente nel diktat della Congregazione per la Dottrina della fede, posizione in perfetta continuità con il magistero della Chiesa. Troppe illusioni aveva provocato l’atteggiamento precipitosamente giudicato “aperturista” di Papa Francesco (“Chi sono io per giudicare un gay?”). In realtà, la paterna preoccupazione di Francesco era ed è quella di contrastare ogni forma di disprezzo nei confronti degli omosessuali. E infatti la Santa Sede si affretta a precisare che mai la mancata benedizione può significare discriminazione. Purtroppo però, lo sappiamo, la decisione assunta, al di là della disponibilità o meno del gesto benedicente alla luce del Vangelo, influirà e molto su una diffusa sub-cultura omofoba che va dalla “mera” derisione alla cruda violenza fisica.
Mi soffermerei su due elementi di cui non vi è traccia nel dibattito sull’omosessualità all’interno delle Sacre Mura: l’amore e la condizione soggettiva degli omosessuali. Alla base di un rapporto autentico di coppia c’è l’amore, inammissibile sarebbe non riconoscerlo per le unioni gay. Ciò ha delle importanti conseguenze perché anche per la Chiesa l’amore dovrebbe essere il metro per misurare la colpa e le colpe (i peccati). Più c’è egoismo nell’agire umano più si è colpevoli, indipendentemente dall’essere etero o gay. Più c’è amore vero nell’agire umano meno spazio ha la colpa, indipendentemente dall’essere etero o gay. E l’amore vero va benedetto sempre, è l’essenza del messaggio evangelico. Il secondo elemento, la condizione soggettiva. Nessuno sceglie l’eterosessualità, a un certo punto della vita un soggetto maschio si sente attratto dalle donne e viceversa. Parallelamente non si sceglie l’omosessualità, a un certo punto della vita si scopre, spesso drammaticamente a causa dell’ostilità in famiglia e nella società, di essere attratti da persone di egual sesso. Come si fa a colpevolizzare, tanto da non ricevere manco una benedizione, lì dove sussiste l’amore e non sussiste una scelta ma una condizione naturale? Rimane, allora, la pratica della sessualità, concessa agli etero pure fuori dal matrimonio (basta confessarsi e nessuno ti priva dell’assoluzione) e invece assolutamente negata a due gay, una sorta di condanna preventiva nonostante a monte vi sia l’amore e una naturale condizione soggettiva. Sembrerà un’enormità affermarlo ma significa condannare qualcuno solo perché è nato in un certo modo. Terribile il non sentirsi accettati perché nati con una tendenza sessuale considerata “non conforme”. In conclusione, ritorno alla premessa. Esiste un diritto divino su cui nemmeno il Papa può incidere e che secondo me è concentrato nel nuovo comandamento di Cristo: “Amatevi gli uni gli altri…da questo sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Nessuno può cambiare tale comandamento, pena l’insignificanza della Buona Novella e del sacrificio supremo della Croce. Il resto riguarda il cammino sulla Terra degli uomini in cui mutano i contesti, le culture, la stessa percezione del peccato. A Pietro e ai suoi successori Cristo ha voluto dare le chiavi del suo Regno e l’immenso potere di legare e di sciogliere perché la Chiesa si adattasse, senza ovviamente accettare le logiche terrene che rifiutano o contraddicono quel nuovo comandamento, ai mutamenti e alle differenti sensibilità maturate nel tempo dagli uomini, a condizione che l’anima di ogni gesto sia rappresentata dall’amore.