L'Ars e la porta chiusa, gli sconfitti nella battaglia di Palermo

L’Ars e la porta chiusa, gli sconfitti nella battaglia di Palermo

Chi resta fuori e può recriminare.

La vittoria, si sa, ha solo madri e padri, mentre la sconfitta è orfana. Ed è già, a ben pensarci, una consolazione non doverla condividere con nessuno. Così, non se la prendano troppo personaggi e interpreti citati quali ‘vinti’ in questa ricognizione a volo d’elicottero sulla battaglia per l’Ars a Palermo. Sono solo alcuni degli esempi possibili, scelti, tuttavia, con un (fallibile) criterio. Hanno ottenuto meno delle aspettative dichiarate o sussurrate. Ma non è colpa loro. Quando si perde è invariabilmente a causa delle condizioni avverse del campo o dell’arbitro. Facezie a parte, non sempre soccombere significa avere demeritato. Il fortino della virtù può essere impunemente saccheggiato dalla fortuna.

Sconfitto risulta l’avvocato Gaetano Armao. Che, da candidato del Terzo Polo per Palazzo d’Orleans, si è fermato intorno a un residuale due per cento e che, nella sua lista, a Palermo, ha raccolto poco più di milleduecento voti. Un consenso disseccato per una personalità dal nutrito curriculum politico e professionale. Non è un’eresia pensare che la doppia veste di assessore in carica del governo Musumeci e competitor terzopolista non abbia giovato alla chiarezza.

Nel gruppone di Forza Italia, che annota l’exploit di Edy Tamajo, Francesco Cascio, con più di seimila voti, risulta primo dei non eletti. Ovvero, sconfitto da altri sul campo, né finora si può dire che il ritorno in politica gli abbia portato bene, dopo il ritiro dalla corsa per la sindacatura di Palermo che ha favorito l’ascesa di Roberto Lagalla. Ma, la battuta d’arresto di oggi potrebbe diventare la vittoria di domani. Il dottore Cascio – questo è il suo mestiere – concorre, in quota Forza Italia, per la poltrona di assessore alla Sanità. Se poi Gianfranco Miccichè decidesse di optare per il Senato, gli si aprirebbero le porte di Palazzo dei Normanni.

Da quelle parti, con poco più di quattromila voti, troviamo Totò Lentini. Un bottino onorevole che non gli basta per diventare tale. Pure Lentini, prima del ritiro, aveva partecipato al casting delle candidature per il sindaco di Palermo. Ancora in ambito comunale: si segnalano 2.810 voti (insufficienti) per Igor Gelarda, ex consigliere, passato nel campo di Cateno De Luca.

A sinistra, nella lista del Pd, sono tanti gli sconfitti che hanno seguito la catastrofe del terzo posto di Caterina Chinnici, candidata progressista alla presidenza. L’outsider Valentina Chinnici, l’unica buona notizia per i democratici, ha sorpreso molti con la sua rincorsa. Resta fuori Carmelo Miceli con più di quattromila ‘crocette’. Altri avevano puntato su Cleo Li Calzi, figura trasversalmente apprezzata. Il bottino? Poco più di millecinquecento voti. Sono un riconoscimento personale i duemila voti e rotti di Pino Apprendi a Mariangela Di Gangi per la lista ‘Centopassi’ che, però, non ha superato la soglia di sbarramento. E le porte dell’Ars restano chiuse. (Roberto Puglisi)


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