"Le curarono il tumore sbagliato" | Inchiesta e ispezione al Policlinico - Live Sicilia

“Le curarono il tumore sbagliato” | Inchiesta e ispezione al Policlinico

L'assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino, invia gli ispettori al Policlinico di Palermo dopo che la Procura ha aperto un'inchiesta sulla morte di una maestra di 48 anni. L'ospedale: "La donna era già grave nel 2009".

LA MORTE DI UNA DONNA
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Il Policlinico di Palermo

Il Policlinico di Palermo

PALERMO – L’assessore regionale alla Salute vuole vederci chiaro. Lucia Borsellino ha disposto un’ispezione al Policlinico di Palermo per accertare le cause della morte di una donna di 48 anni, Maria Di Benedetto. La decisione, d’intesa con il ministero della Salute, segue di poche ore l’apertura di un’inchiesta da parte della magistratura.

L’inquietante ipotesi è che il tumore al colon che aveva colpito la donna sarebbe stato scambiato per un cancro alle ovaie. Da qui, la cura chemioterapica concentrata su un organo sbagliato e la conseguente morte della paziente, maestra, sposata e madre di 4 figli.

Il presunto caso di malasanità sarebbe stato causato nel 2009 dalla errata lettura del vetrino, dopo che alla donna erano stati asportati utero, ovaie e retto anteriore. A quell’intervento seguì un ciclo di chemioterapia, ma non per sconfiggere il reale tumore di cui era afflitta. Dell’errore si sarebbero accorti i medici dell’ospedale palermitano Buccheri-La Ferla, ma soltanto lo scorso gennaio. La nuova diagnosi fu confermata anche da altri ospedali, ma il cambio di terapia sarebbe arrivato troppo tardi. La donna è morta la scorsa settimana. Adesso c’è un’inchiesta della procura di Palermo, condotta  dal Pm Claudio De Lazzaro e coordinata dall’aggiunto Maurizio Scalia, che vede indagato per omicidio colposo l’anatomo-patologo del Policlinico Vito Rodolico.

Si sono mossi anche gli attuali vertici del Policlinico. Il direttore generale Mario La Rocca ha attivato le procedure per un’indagine conoscitiva, affidata al direttore sanitario Claudio Scaglione che spiega: “Siamo venuti a conoscenza solo oggi di quanto avvenuto e abbiamo chiesto una relazione scritta a chi si è occupato del caso. Da quello che mi è stato riferito dal medico chiamato in causa, nel corso dell’intervento eseguito nel luglio del 2009 tutti gli organi – utero, ovaie e retto – erano compromessi dal carcinoma. Adesso attendiamo la relazione scritta”.

 

Aggiornamento

La direzione aziendale del Policlinico Giaccone di Palermo, nell’esprimere cordoglio ai familiari della donna malata di cancro e scomparsa nei giorni scorsi, sottolinea che l’intervento subito dalla paziente il 30 giugno 2009 “condotto da una equipe di chirurghi oncologi e ginecologici, rivelò un quadro di estensione della patologia neoplastica esteso a numerosi organi addominali, con diffusioni metastatiche multiple, tanto da comportare la rimozione di diversi organi interni”. La donna, M.D,B., 48 anni, madre di 4 figli, secondo la denuncia del marito avrebbe avuto diagnosticato il tumore a un organo diverso da quello malato.

“Nella denuncia – aggiunge la nota del Policlinico – si ipotizza un errore diagnostico, relativo alla sede di origine del carcinoma di tipo mucinoso dal quale era affetta la paziente, e si sostiene che una corretta diagnosi isto-patologica dell’origine del tumore avrebbe consentito un diverso approccio terapeutico nella successiva fase di chemioterapia. Al riguardo è stata disposta un’indagine interna, in corso, le cui conclusioni, se ritenute utili, saranno messe a disposizione dell’autorità giudiziaria”. “Da una prima valutazione dei dati della letteratura internazionale, è emerso – conclude la nota – che la sopravvivenza di pazienti adeguatamente trattati con diagnosi di carcinoma mucinoso del retto con carcinosi peritoneale (diffusione metastatica a livello degli organi endoaddominali), quale quello si sostiene non sia stato individuato nella paziente, oscilla tra i 5,2 mesi e i 12,6 mesi dall’ effettuazione della diagnosi. Nella fattispecie la sopravvivenza della paziente ha raggiunto i 40 mesi, e ciò è avvenuto nonostante la diagnosi sia intervenuta in una fase di estremo avanzamento della malattia, tanto che, al momento del ricovero é stato necessario un intervento chirurgico oltremodo demolitivo per la notevole diffusione della neoplasia”.


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