“Vi sono alcune dichiarazioni dello Spatuzza che mettono in discussione taluni profili di un processo, quello sulla strage di via D’Amelio, che – per quanto conclusosi con sentenze passate in giudicato – presenta ancora aspetti oscuri da chiarire”.
Ad affermarlo è il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, in riferimento alle dichiarazioni rese dal nuovo “dichiarante” (il suo status non è ancora quello di collaboratore di giustizia) Gaspare Spatuzza, ex boss di Brancaccio, con rimorsi di coscienza, che si è autoaccusato del furto della Fiat 126 che, imbottita di tritolo, servì per uccidere il magistrato Paolo Borsellino e la sua scorta. Una versione che avrebbe trovato importanti riscontri investigativi e che contraddice quella di un altro pentito, il controverso Vincenzo Scarantino, sulle cui dichiarazioni si basano più processi e più sentenze di condanne.
Spatuzza ha concluso il 24 dicembre scorso il periodo di 180 giorni di dichiarazioni da rendere ai magistrati per entrare nel programma di protezione dei collaboratori di giustizia e adesso spetta alla procura di Caltanissetta valutare la sua attendibilità. “Le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia – spiega Lari – devono essere riscontrate per potere giustificare una possibile discussione dei risultati processuali a cui è giunti con le sentenze”.
Ma è controverso il personaggio Spatuzza, killer sanguinario che decide di pentirsi e stravolgere le verità processuali già cristallizzate. Sulla sua attendibilità sono divisi i pm di Palermo e qualcuno pensa che dietro vi sia l’antico progetto di Cosa nostra di puntare alla revisione dei processi.