Strage di via D'Amelio, massoneria e dossier mafia-appalti

Massoneria e dossier “mafia-appalti”: strage Borsellino, su cosa si indaga

Due i filoni d'indagine della procura di Caltanissetta

PALERMO – La “massoneria coperta” e gli interessi dei mafiosi negli appalti miliardari dell’Italia pre Tangentopoli. Sono i due filoni di indagine che la Procura di Caltanissetta sta percorrendo nella speranza di trovare le risposte sulla strage di via D’Amelio.

Il dossier “mafia e appalti”

Si è partiti dal dossier “Mafia e appalti” che probabilmente da solo non sarebbe stata la causa dell’eccidio, ma che di sicuro è stato messo da parte. “Dolosamente”, secondo i pm nisseni che tentano di rimettere a posto i tasselli partendo dalle macerie che altri colleghi magistrati hanno lasciato sul campo.

Pubblici ministeri e giudici hanno creduto alle bugie dei falsi pentiti – Scarantino e non solo – che devono avere avuto gli effetti collaterali di un farmaco stordente. I racconti scricchiolarono da subito, ma nessuno se ne accorse.

Oggi si parla della massoneria come “stanza di compensazione tra Cosa Nostra ed ambienti imprenditoriali” che avevano “il comune interesse a bloccare le attività di indagine che il dottor Borsellino avrebbe potuto approfondire su questo specifico filone”.

Il dossier “Mafia e appalti” si concentrava sui legami fra i costruttori mafiosi palermitani Buscemi e Bonura e le imprese che gestivano le cave di marmo in Toscana. Aveva acceso i fari sugli affari con il gruppo Ferruzzi che sarebbe stato poi travolto da Tangentopoli.

Ombre su Tinebra

Il capo dei pm nisseni Salvatore De Luca, l’aggiunto Pasquale Pacifico e i sostituti Nadia Caruso, Davide Spina e Claudia Pasciuti ritengono che Giovanni Tinebra, capo della Procura di Caltanissetta nel periodop delle stragi, fosse un massone di una loggia riservata. Nel 1997 Giovan Battista Ferrante, mafioso di San Lorenzo divenuto collaboratore di giustizia disse che “nel periodo estivo del 1995 Salvatore Biondo, detto il corto (capomafia di Tommaso Natale e stragista ndr) raccontò che in epoca successiva alle stragi di Capaci e via D’Amelio si era tenuta a casa sua a una riunione”.

Erano presenti “Salvatore Riina, Salvatore Biondino e Matteo Messina Denaro”. Finita la riunione, Riina pronunciò la frase: “Se era solo per me non avremmo fatto niente”.

“I massoni hanno voluto le stragi”

Un anno dopo nel 1998 Ferrante aggiunse che la strategia delle stragi aveva portato solo guai alla mafia. Riina si era sfogato rispondendo a Messina Denaro: “I massoni vosiru ca si fici chistu (i massoni hanno voluto che si fece questo ndr)”. È nella massoneria che vanno rintracciati i “mandanti esterni” delle stragi?

Alla fine degli anni Novanta un altro collaboratore di giustizia, Angelo Siino, il cosiddetto ‘ministro dei lavori pubblici’ di Cosa Nostra, raccontò dei suoi rapporti con il massone Salvatore Spinello e il commercialista della mafia Giuseppe Mandalari. In una vecchia intercettazione riletta ora dai pm nisseni Spinello diceva: “Tinebra è dei nostri… della loggia di Nicosia… Io non vado ad abbracciarlo pubblicamente per non comprometterlo.

Tra gli imprenditori citati nel rapporto “Mafia e appalti” a cui lavoravano i carabinieri del Ros agli ordini di Mario Mori c’erano “soggetti certamente inseriti in contesti massonici” come il medico Antonino Cinà e i costruttori Buscemi. Tinebra ha orchestrato il depistaggio di Scarantino?

Un nuovo elemento si è aggiunto di recente nel giallo della scomparsa dell’agenda rossa di Borsellino. I pm hanno trovato alla squadra mobile di Palermo un appunto dattiloscritto da Arnaldo La Barbera, considerato l’artefice del pentimento fasullo di Scarantino.

Il 20 luglio ’92 scriveva “consegnato a Tinebra uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle e un’agenda appartenenti al giudice Borsellino”. Non si sa la consegna “sia effettivamente avvenuta nelle mani del dottor Giovanni Tinebra, né che l’agenda in questione fosse effettivamente l’agenda rossa e non altra agenda appartenuta al dottor Borsellino”.

Un tempo andava di moda la Trattativa Stato-mafia considerata la causa dell’accelerazione della strage di via D’Amelio. La storia si ripete con la “pista nera” dei terroristi di destra al soldo dei mafiosi o addirittura in posizione sovraordinata.

L’ipotesi della Trattativa, così come formulata dai pm di Palermo, non ha retto nei processi. La “pista nera” è stata picconata dagli stessi pm nisseni. Il risultato è che trentatré anni dopo ci sono troppe domande senza risposta.


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