La mafia ha messo le mani sulla metropolitana di Palermo. La Sis, l’impresa capofila del consorzio che sta costruendo l’opera pubblica, è il perno di un sistema nel quale la politica ha recitato la sua parte. I nomi di deputati regionali, assessori comunali, sindaci, funzionari della prefettura compaiono nell’inchiesta avviata dalla Procura. Un dossier della Direzione investigativa antimafia rischia di provocare un terremoto. Il quadro è sconfortante. La mafia condiziona il cantiere che rivoluzionerà la mobilità a Palermo, imponendo le ditte per i sub appalti e le forniture di materiali; i politici raccomandano amici e parenti; funzionari della prefettura passano notizie riservate.
Finora, l’unico passaggio investigativo reso noto è stato l’arresto dell’imprenditore di Cinisi, Andrea Impastato. Sotto, però, c’è molto di più. Impastato viene indicato come il riferimento della mafia per le forniture di cemento. C’è il suo nome nei pizzini che Salvatore Lo Piccolo si scambiava con Bernardo Provenzano. E i vertici della Sis erano coscienti della forza di Impastato. Dalle carte dell’inchiesta che “S” pubblica in esclusiva nel numero da oggi in edicola, salta fuori che tanti politici, di schieramento diverso, hanno bussato alla porta della Sis per piazzare operai e imprese nei cantieri.
Dal presidente dell’Ars, Francesco Cascio, agli onorevoli Francesco Mineo e Riccardo Savona. Dall’ex assessore del Comune di Palermo Patrizio Lodato al sindaco di Isola delle Femmine, Gaspare Portobello. Nelle carte viene descritta anche la vicenda che coinvolge il deputato regionale Salvino Caputo, impegnato a fare rilasciare l’autorizzazione per una cava. Le cimici piazzate negli uffici palermitani della Sis, e non solo, hanno registrato una sfilza di conversazioni confluite nell’informativa finita sul tavoli dei magistrati. Centinaia e centinaia di pagine che alimentano un’inchiesta scottante partita nel 2006 dalle confidenze che Salvatore Imperiale, imprenditore di Partinico che ha patteggiato una condanna per mafia, faceva al suo autista. Alcune persone venute da Catania erano interessate ai lavori, non ancora iniziati, per la metropolitana. Gli inquirenti accendono i riflettori sul mega appalto da 623 milioni di euro. Ritengono di avere scoperto un sistema che strizza l’occhio alla mafia e acconsente alle richieste dei politici.