Le Rane di Ficarra e Picone | Dieci minuti di applausi - Live Sicilia

Le Rane di Ficarra e Picone | Dieci minuti di applausi

Oltre tremila spettatori alla prima.

Al teatro greco di Siracusa
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SIRACUSA – “Un senso del tempo, un orecchio sulla dinamica della scena. Una percezione matematica della comicità”. E poi le melodie: di canti e suoni, e di colori. E ancora gli applausi, puntuali sempre, a ritmare le scene. E infine le risate: quelle degli adulti e quelle, gioiose, attente e mai chiassose, dei bambini. Un’armonia troppo perfetta per non essere il frutto di un capolavoro di regia. Al teatro greco di Siracusa, 2.423 anni dopo la sua prima messa in scena ad Atene, ha debuttato ‘Le Rane’, di Aristofane, per la regia di Giorgio Barberio Corsetti: terzo spettacolo che chiuderà il 53esimo ciclo di rappresentazioni classiche.

L’esordio di Ficarra e Picone con un testo classico e in un teatro antico è stato un successo. Dieci minuti di applausi, degli oltre tremila spettatori accorsi alla prima, alla fine lo hanno sottolineato. Sin dalla prima scena i due attori palermitani, attesissimi dopo 30 giorni di estenuanti prove notturne, hanno dimostrato le parole di Barberio Corsetti alla presentazione della commedia: “Li conoscevo come bravissimi attori e autori. E adesso li scopro come grandi attori comici: è chiaro che loro fanno gli attori comici, ma l’attore comico dentro Aristofane è un’altra cosa. Hanno un senso del tempo, un orecchio sulla dinamica della scena, che si comunica anche a tutti gli altri. Una percezione matematica della comicità. Improvvisamente con un meccanismo tutto basato sull’orecchio scatta quella cosa strana che è la risata”.

Salvo Ficarra è Dioniso, Valentino Picone è il servo Xantia. La storia vuole che Dioniso, il dio del teatro, accompagnato dal suo servo si rechi nell’oltretomba per riportare alla vita Euripide. “Quelli buoni non ci sono più e quelli che ci sono, sono pessimi” è il rimpianto dei poeti in una Atene decadente e corrotta (non mancano le provocazioni al pubblico, oggi come allora). Il viaggio si conclude con l’arrivo di Euripide ed Eschilo intenti ad un litigio furioso per stabilire chi dei due sia il più grande poeta tragico. A giudicare è Dioniso che, scegliendo di anteporre il senso della giustizia e il bene dei cittadini alle proprie preferenze personali, finisce per dare la palma della vittoria ad Eschilo. Egli rappresenterà il salvatore di Atene dalla situazione disastrosa in cui si trova. Eschilo accetta di tornare tra i vivi lasciando a Sofocle il trono alla destra di Plutone, a patto che non lo ceda mai ad Euripide.

La prima parte è un viaggio esilarante, la seconda più impegnativa, ma con un arbitro di ritmo e leggerezza che è Dioniso-Ficarra. A supporto ci sono le immagini, la musica, dei video, elementi che danno ricchezza e nulla tolgono al testo classico, “aiutano a far suonare una materia che è antica ma che deve suonare oggi”, ha spiegato Massimo Troncanetti il responsabile delle scene. E poi c’è la suggestione dell’antico teatro di pietra, la scenografia naturale di un panorama di mezza estate. Il rosa all’orizzonte lascia il posto al viola quando in scena entrano i SeiOttavi: e alla matematica della recitazione si aggiunge l’armonia del canto. Il celeste cenere è diventato blu cobalto quando un gruppo di anime, gli iniziati ai culti misterici, canta in onore di Iacco: è il coro dell’accademia del Dramma antico. Il cielo è diventato scuro e l’arancione dei costumi ha preso definitivamente il primato cromatico, quando comincia la disputa tra Euripide e Eschilo non prima di una stilettata ancora al pubblico: “Le persone perbene sono in minoranza qui come lì”. “Nelle rane – ha detto il regista Corsetti – si raccontano con nomi e particolari espliciti le vicende di una città in crisi dove il teatro sembra agli sgoccioli e la politica e il vivere comune minato dagli interessi particolari.

La commedia, attraverso Dioniso e Xantia diventa sublime gioco del mondo. La disputa è certamente tra due poeti ma soprattutto è tra poetiche visione del mondo, dunque il senso stesso del teatro viene messo in gioco, il rapporto tra teatro e mondo”. E alla fine il regista ci mette del suo e salva il suo poeta dagli inferi: è Ezra Pound. Un video mostra il poeta americano vissuto in Italia durante il fascismo, che tuonò contro l’usura e il capitalismo e per questo fu internato dall’esercito americano in un campo di lavoro in Texas: è l’estratto di un’intervista di Pierpaolo Pasolini a Venezia nel 1968. Le Rane di Aristofane chiuderà la stagione più lunga di sempre allestita dalla Fondazione Inda e pensata dal commissario straordinario Pier Francesco Pinelli e dal direttore artistico Roberto Andò. Lo spettacolo andrà in scena fino al 9 luglio, tutte le sere.

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