"Le scuole? Tutte non a norma| E ho deferito un burocrate" - Live Sicilia

“Le scuole? Tutte non a norma| E ho deferito un burocrate”

L'assessore comunale alla Scuola, Barbara Evola, lancia l'allarme: "Le scuole non sono a norma, il governo non ci ascolta e la burocrazia a volte ci ostacola: ho proposto il provvedimento disciplinare per un burocrate".

PALERMO, PARLA L'ASSESSORE EVOLA
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PALERMO – “Le scuole palermitane non sono a norma. E la burocrazia a volte non ci aiuta: ho anche dovuto chiedere un deferimento alla commissione di disciplina”. Barbara Evola, assessore alla Scuola del comune di Palermo, ha un gran da fare. Nella sua stanza il telefono squilla in continuazione e le richieste di interventi arrivano da tutta la città: “Non possiamo soddisfarle subito, ma almeno adesso ci sono tempi certi per tutti. Per rimettere in sesto le scuole palermitane ci vorrebbero milioni e le normative che cambiano in continuazione non ci aiutano. Come questo governo nazionale a cui chiedo da settimane un incontro”.

Assessore Evola, come sta la scuola palermitana?
“Malissimo. Io ho sempre detto che la scuola italiana è un malato terminale, ma quella palermitana è addirittura un moribondo. Siamo letteralmente sommersi di fax di scuole che chiedono interventi immediati per il flessibile che scoppia o la porta che si rompe, passando anche per la mancanza di banchi e sedie. Per alcuni problemi possiamo intervenire direttamente, con gli operai edili del Comune che però sono pochi e hanno un’età elevata per i lavori pesanti che devono svolgere. Stiamo programmando gli interventi, lasciando un po’ scontenti tutti: ogni scuola vorrebbe interventi immediati, ma almeno oggi siamo in grado di dire ad ogni istituto quando risolveremo il problema dando certezze. Ma parliamo di piccoli interventi, per quelli molto più complessi dobbiamo attingere dai fondi europei”.

Al momento quanti soldi avete in cassa?
“Appena centomila euro, ma servirebbero milioni. La giunta predisporrà un bilancio che faccia della scuola un punto fondamentale della sua attività di governo, ecco la differenza col passato. Le scuole non basta costruirle, bisogna anche fare la giusta manutenzione e il non averla fatta in questi anni ci ha portati a questo punto. Pensi che ho chiesto di poter utilizzare l’aula magna di una scuola e il dirigente mi ha risposto che è inagibile per le infiltrazioni di acqua, c’è un intervento programmato da un anno dalla Provincia e mai realizzato”.

Ma perché a volte per interventi anche semplici serve così tanto tempo?
“Dobbiamo confrontarci ogni giorno con una burocrazia che rischia di incartare le procedure. E’ come se andassimo a due velocità: quella di chi prova a dare risposte e quella di chi si appiglia a cavilli e cavilletti che ti imbrigliano. C’è una lentenzza delle pratiche, che vanno in più uffici, anche a causa del timore di qualche burocrate di assumersi le proprie responsabilità”.

Secondo lei è un atteggiamento dovuto al cambio di amministrazione?
“La politica cambia, gli uffici restano e devono garantire la continuità. Diciamo che c’è qualche difficoltà ad abituarsi ad una presenza di sostanza. E’ una macchina che va oliata, tutti devono abituarsi al fatto che ora ci sono persone che vogliono lavorare e si occupano delle cose. Ecco perché il sindaco Orlando ha di recento convocato tutti i dirigenti per chiedergli maggiore collaborazione”.

E lei non ha preso provvedimenti?
“Certo, ho anche chiesto un provvedimento disciplinare per un burocrate. In un asilo nido si era rotto un tubo e ho chiamato la persona interessata: questa mi ha risposto con tono risentito, come se lo stessi infastidendo, dicendomi che non poteva farci nulla. Ho insistito, chiedendo informazioni sul costo del pezzo di ricambio, e alla fine è andato all’asilo nido e ha chiuso l’acqua, provocando la chiusura della struttura. Un danno gravissimo per la cittadinanza. Per questo ho chiesto il deferimento, di cui non ho ancora notizia. Sa come si è risolto il problema? I bidelli hanno comprato, di tasca propria, il pezzo mancante e per questo potrebbero anche rischiare un provvedimento. E’ il colmo”.

Quanto questa burocrazia rischia di penalizzare la città?
“Moltissimo”.

Recentemente c’è stato anche un problema per il trasporto di alcuni alunni da una scuola all’altra…
“Sì, e l’Amat, purtroppo, non è riuscita ad aiutarci perché vive le sue difficoltà con i suoi mezzi ormai obsoleti. Il problema è che le gare indette dal Provveditorato per assicurarci l’aiuto dei privati sono andate deserte”.

Lei ha anche chiesto un incontro al governo nazionale…
“Sì, e da tre settimane mi dicono che stanno ancora valutando la mia richiesta. Perché il problema, spesso, sono proprio le norme nazionali che sono lontane anni luce dalla realtà. Qui non siamo in Norvegia, dobbiamo fare i conti con i nostri problemi. Lo Stato mi dà i soldi per asili nido e scuole materne, ma poi non mi permette di assumere insegnanti e mi chiede quindi indietro i soldi. Che senso ha? La normativa sulla sicurezza diventa di anno in anno più stringente, e la conseguenza sa qual è? Che ormai nessuna scuola è più a norma. Perfino quelle nuove, o addirittura quelle in progettazione: non facciamo in tempo neanche a costruirle che già sono superate dalla normativa. Poi però ci tagliano i trasferimenti e non ci permettono neanche di fare la manutenzione. Pensi che paghiamo ogni anno quattro milioni di euro di affitti per strutture che neanche potrebbero ospitare una scuola. Tant’è che alcuni sindacati ci hanno anche chiesto di chiudere”.

Mi fa qualche esempio di norme nazionali difficili da applicare?
“La legge ci obbliga a prevedere la doccia per il cuoco: ma nelle scuole già costruite come si fa? Abbatto e ricostruisco la struttura? Oppure tolgo spazio alla sala gioco dei bambini? Il cuoco può anche lavarsi a casa. Oppure prenda il bagno pediatrico: ogni genitore ha il suo pediatra personale, sarebbe inutile”.

In che stato ha trovato l’assessorato al suo insediamento?
“Gli uffici in questi anni si sono dovuti arrangiare, potendo contare su risorse ridotte all’osso. La scuola in passato non è stata considerata una priorità, così come la cultura, quando i soldi c’erano. Oggi lo sono diventate, con quel poco che abbiamo”.

 


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