PALERMO – C’è sempre una stalla nelle cronache mafiose degli ultimi anni. In una stalla, ad esempio, si sarebbero incontrati nel 2010 i killer all’indomani dell’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà. Lo racconta ai carabinieri del Comando provinciale e ai magistrati Francesco Chiarello, il pentito che ha fatto riaprire il caso.
La stalla si trovava in via Cipressi, non lontano dal cimitero dei Cappuccini. Oltre a lui avrebbero partecipato alla riunione Francesco Arcuri e Salvatore Ingrassia. Sarebbe stato quest’ultimo a protestare perché Antonino Abbate e Giuseppe Auteri (Auteri, così come Gregorio Di Giovanni, non sono finiti sotto accusa per il delitto perché non sono stati trovati ulteriori riscontri alle accuse del collaboratore di giustizia, ndr) non aveva rispettato gli accordi ed erano fuggiti senza portare con sé la mazza con cui fu picchiato il penalista. Era un luogo di abituali incontri quella stalla: “Francesco aveva tutti gli appuntamenti qua… no dove hanno ucciso a Romano”. In realtà per l’omicidio di Davide Romano fu utilizzato un magazzino alle spalle del nuovo Palazzo di giustizia. Il mensile “S” in edicola dedica uno speciale alle stalle di Cosa nostra.
Il cadavere del picciotto del Borgo Vecchio fu ritrovato legato mani e piedi, il 6 aprile 2011, in via Michele Titone, una traversa di corso Calatafimi, dentro il bagagliaio di una Fiat Uno. C’è chi ha tirato in ballo, come possibile mandante, “lo zio Pietro”. Anche in questo caso nessun riscontro alle dichiarazioni che da sole non bastano. Lo zio Pietro, Calogero Lo Presti, aveva come base operativa, neanche a dirlo, una stalla al civico 3 di via Antonino della Rovere, nella zona di via Colonna Rotta (nella foto). Qui, come hanno ricostruito i carabinieri del Nucleo investigativo, impartiva ordini e affiliava i nuovi uomini d’onore.
La stalla dell’incontro delle ore successive all’omicidio Fragalà è la stessa dove i picciotti del Borgo Vecchio stipavano la droga che probabilmente era stata stoccata in un’altra stalla nel rione Guadagna. Gli stupefacenti arrivavano da Napoli e Milano sotto l’egida dei Fascella, signori della cocaina, e venivano smistati in mezza città. È stato il collaboratore di giustizia, Antonio Guida, a raccontare dei pacchi di polvere bianca nascosti dentro una Mercedes e scaricati in un magazzino, a pochi passi dal cimitero di Santo Spirito.
Nella zona del camposanto di stalla ce n’era un’altra. Era il quartiere generale di Alessandro D’Ambrogio, capomafia di Porta Nuova, arrestato nel novembre 2013. Ed è sempre in un vecchio rudere di campagna, a San Giuseppe Jato, che si riunivano i capimafia del clan. Luoghi angusti e spesso difficili da raggiungere. Difficile, ma non impossibile per i militari che sono riusciti a riempirli di microspie.