“Emergenza aeroporti: per lo sviluppo fermare il clientelismo” - Live Sicilia

“Emergenza aeroporti: per lo sviluppo fermare il clientelismo”

Vito Riggio analizza lo scenario aeroportuale siciliano. Dai giorni caldi dell'incendio etneo alle prospettive politiche e non solo...

PALERMO – È stato a lungo presidente dell’Enac, ancora oggi, mentre da Ad guida la Gesap dell’aeroporto di Palermo, il suo è uno dei pareri più ricercati e seguiti. Vito Riggio, 76 anni solo anagraficamente, ha vissuto istante per istante le conseguenze dell’emergenza Fontanarossa e adesso analizza lo scenario siciliano. A partire dal cancro delle clientele che divorano gli enti pubblici. Con citazioni di Churchill e Platone. L’intervista.

Possiamo dire di esserci messi alle spalle la fase di emergenza?

“Bisogna sempre aspettarsi dei colpi di coda, io attenderei l’apertura effettiva dell’aeroporto, che non mi sembra lontana, per quello che capisco”.

Qual è stato il momento più difficile?

“Si spera sempre che non possa accadere una cosa così grave, più difficile è stato il momento iniziale, perché le macchine stentano a mettersi in moto e poi è venuta alla luce una caratteristica siciliana: dare giudizi senza aspettare, prima di fare le valutazioni sugli errori. Nella fase dell’emergenza tutti dovrebbero stare uniti, i siciliani tendano a dividersi. Il carattere di un popolo è il suo destino, la mancanza di collaborazione, purtroppo viene fuori nel momento in cui ci sarebbe bisogno del massimo di unità”

Pochi giorni dopo l’incendio si diffuse la notizia delle sue dimissioni

“In quei giorni non ho annunciato dimissioni, lo avevo fatto con una lettera a marzo, dicendo al sindaco e al presidente della Regione, che a 76 anni questo lavoro si può fare per breve tempo. Non si capisce perché mi sarei dovuto dimettere dopo l’incendio di Catania. Negli aeroporti c’è l’accountable manager, che risponde all’Enac e decide sui problemi relativi alla sicurezza. La mia precisazione è stata che io stavo dietro alle decisioni dell’accountable manager, questo può aver fatto pensare diversamente a qualcuno. Mesi fa ho dato tempo, ai miei amici, per trovare un giovane brillante”.

Cosa insegna questa emergenza in relazione al sistema aeroportuale siciliano?

“Ho sempre sostenuto che affidare gli aeroporti a enti siciliani politici e clientelari è un grande errore. Gli aeroporti sono strutture industriali che hanno bisogno di gestioni specializzate. Quello di Milano ha dato il 49 % a un fondo e ha utili importanti. Napoli ha privatizzato, Roma ha venduto e ha fatto 2 miliardi di investimento. In Sicilia si ostinano a cacciare la preda, le posizioni sono di tipo politico e non tecnico, c’è bisogno di un supplemento di attenzione tecnica e finanziaria”

Ad ascoltarla sembra che la vera emergenza sia quella clientelare tipica delle gestioni pubbliche

“Lo ha detto Gaetano Mosca scrivendo della Sicilia 100 anni fa. Fin quando ci saranno troppi impieghi pubblici e pochi investimenti privati, la logica sarà un eccesso di pubblico che ha fatto dire che la Sicilia è l’ultimo stato sovietico rimasto e nella vita della politica non sanno come spartirsi i posti. Mi riferisco a tutti i settori, non solo agli aeroporti”.

Come sono i rapporti con il presidente Schifani?

“Lui viene da una esperienza importante, da presidente del Senato, non ha un interesse personale e sta cercando di dare una spinta a una nave incagliata, per questo ho deciso di dargli una mano”.

Nella fase più cruenta dell’emergenza è sembrato che gli esponenti istituzionali si siano divisi tra quelli pro o contro Nico Torrisisi, non sulla base delle soluzioni da adottare, è vero?

“Sì, il vizio di giudicare per fazione, è la degenerazione dello spirito repubblicano, che al contrario prevede una collaborazione e unità pur nella divisione politica, perché alla fine la Sicilia è di tutti. Churchill una volta si alzò e chiese chi parlasse per l’Inghilterra. Ecco, chi parla in nome e per conto della Sicilia? Ci sono tanti livelli di controllo, l’Enac, la magistratura, bisogna avere un po’ di pazienza, invece di accapigliarsi a priori”.

Che ruolo ha avuto l’aeroporto di Palermo in questa emergenza?

“Ha consentito di tenere la Sicilia aperta, insieme a quelli di Trapani e Comiso, soprattutto ai voli internazionali, naturalmente in un numero più limitato di Catania, perché Palermo aveva già superato il proprio tetto. Oggi ci sono stati 230 movimenti con 35mila passeggeri in un aeroporto che ha dei lavori in corso. Io insisto molto sulla fine dei lavori che durano da quattro anni e stiamo per riuscirci”.

Cosa deve fare il sistema aeroportuale siciliano per il futuro?

“Il presidente della Regione ha detto e io condivido, che bisogna collaborare nei confronti delle compagnie aeree, per non fare una guerra localistica e provinciale. E poi realizzare gli investimenti necessari, senza perdere tempo, come spesso accade nel Mezzogiorno. C’è una media di 10 o 15 anni per realizzare qualcosa, sono tempi non compatibili con le esigenze attuali. Mi pare che l’assessore Aricò e il presidente della Regione abbiano indicato questa linea. Adesso si tratta di realizzarla, una linea che avevo ribadito da presidente dell’Enac più volte”.

Ce la farà la Sicilia?

“Ho il dovere, come ogni buon cristiano, di crederci. Ho letto le parole dell’Arcivescovo Corrado Lorefice, bisogna che i siciliani si mettano alla stanga, non pensino di delegare tutto alla politica, ma si interessino alla vita pubblica e riacquisiscano un’attenzione che è venuta meno, ormai da tempo. È una speranza e un augurio, insieme”.

Lei cosa farà da grande?

“Scrivo, sento musica e gratuitamente do una mano se richiesto, senza voglia di fare carriera. Aveva ragione Platone, le cose si fanno bene quando non le vorresti fare”.


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