Le elezioni europee sono alle spalle e con esse tutte le dinamiche, un po’ gossippare e un poco “amiciare”, che solleticano curiosità e, diciamola tutta, portano al voto molte di quelle poche persone che, bontà loro, per l’appunto sono andate a votare.
Ma che cosa abbiamo votato? D’accordo: Salvini è sbarcato in Sicilia e l’ha conquistata, Miccichè ha fatto il mattatore dentro e fuori Forza Italia, i Cinquestelle a mare, il medico di Lampedusa s’asciugò la Chinnici (pur tuttavia eletta) e quel che resta dei renziani, Ferrandelli s’asciugò da solo, quello ce l’ha fatta, quell’altro no. Diciamoci la verità, c’interessa questo, perché in fondo noi siamo questo: spettatori ignoranti nutriti a panem et circenses, a cui piace da matti vedere il sangue, assistere alle sciarre da ballatoio, tifare per qualche vittoria, compiacerci delle “malefiure”.
Ma visto che, in ultima analisi, il sangue poi è il nostro, chiediamoci per cosa abbiamo davvero votato. È bene dircelo e magari ricordarlo agli eletti, tutti. Perché qui la vera distinzione non è tra europeisti ed anti europeisti, bensì tra i deputati che a Bruxelles fanno i deputati e quelli che ci vanno solo per fare carriera (o per fare numero, se preferite).
Ergo, per cosa abbiamo votato? Abbiamo fatto una scelta di politica interna? Probabilmente si, ma alla fine non cambia nulla, perché il governo gialloverde andrà avanti, forse con qualche riequilibrio sinallagmatico, però andrà avanti. Abbiamo scelto tra sovranisti ed europeisti? Certo che sì, ma alla fine non cambia nulla, semplicemente c’è stata una generosa ventata di iper nazionalismo di cui da tempo comunque si avvertivano spifferi, refoli e anche qualcosa in più.
E ad ogni modo, chi se ne importa! In fondo in tutto ciò c’è molto fumo, che esala da uno striminzito arrosto cotto al sangue del “popolo coglione”, cucinato a puntino e servito sul piatto d’argento di un’astrattezza fatta di dissertazioni infinite e occasioni perdute.
Quello che invece sfugge alla nostra percezione, perché finemente dribblato dal dibattito generale, è che abbiamo, o avremmo, votato per le nostre quotidianità. Perché questo è l’Europa. È una moltitudine di decisioni su una moltitudine di materie che ci riguardano da vicino. Che poi le decisioni siano più o meno appannaggio del nostro paese, e della nostra regione, dipende dalla politica e dai suoi interpreti, dipenderà, in questo caso sì, da chi abbiamo votato.
La gestione del flusso dei migranti e l’introduzione di quote di ridistribuzione obbligatoria nei paesi europei. Il superamento dell’austerity e la revisione dei vincoli di bilancio. Regole fiscali più flessibili e l’obbligo per le grandi multinazionali operanti in Italia di pagare le tasse nel nostro paese. I salari. La promozione del Made in Italy e la lotta alla delocalizzazione selvaggia. Il contrasto alla concorrenza sleale e al “sottocosto cinese”. Lo stop alle arance sudafricane, all’olio tunisino, al riso asiatico. Il divieto a OGM e pesticidi. La gestione dei fondi europei semplificata. Le start up, i microcrediti e gl’interventi per l’occupazione giovanile. La ricerca. Internet. La protezione dei nostri risparmi. Gli acquisti on line sicuri, i diritti dei viaggiatori. Magari (perché no?) un Green New Deal per l’ambiente stile State’s. Gl’investimenti in infrastrutture, tecnologia e formazione. E poi, i pescatori siciliani, incagliati nella rete delle restrizioni; i prodotti agricoli della Sicilia da tutelare.
Sono solo alcune delle tantissime faccende di cui si parla poco e niente e che invece correranno tra quelle avveniristiche poltrone azzurre, balzellando, insidiose, sulle teste di coloro che abbiamo mandato a Bruxelles e che, aspetto non marginale, pagheremo profumatamente.
Riusciranno i nostri eroi ad essere un po’ meno eroi (di consensi e gite in Belgio regalate agli accoliti) e un po’ più normalissimi eurodeputati che vanno lì per migliorare la nostra quotidianità? Che l’esercito salviniano voglia far tremare l’establishment fin dai remoti lidi siculi o che Giuseppe Milazzo abbia battuto Saverio Romano o che Musumeci si sia fatto gli affari suoi non cambia di una sola virgola le giornate di chi lavora e non ha il salario minimo, degli imprenditori tartassati, dei pescatori e di quanto larghe debbano essere le maglie delle loro reti, dei Comuni che cercano soldi disperatamente e, disperati, impazziscono appresso a una burocrazia da manicomio, di un ragazzo che vuol svoltare con una start up …. e non cambiano neppure la mia, di giornata, che al mattino esco da casa coi bambini e la prima boccata d’aria che respiriamo sa di smog e polveri sottili e la sera torno a casa tutto fradicio dopo essermi beccato un acquazzone in pieno Agosto.
Ciò che può e che deve fare la differenza è il lavoro dei deputati tra quegli scranni. Forse non lo sappiamo o non ce ne ricordiamo, ma li abbiamo votati per questo. E allora, spenti i riflettori catarifrangenti dell’agone politico, ammutolite le campane delle chiese e i tamburi delle piazze, deposte le penne e le tastiere di soloni ed analisti, da convinto cittadino europeo solo una cosa mi sento di dire ai nuovi eurodeputati: “Ora andate a lavorare”.