Librino, l'omicidio di Saro Sciuto |In manette la famiglia Marino - Live Sicilia

Librino, l’omicidio di Saro Sciuto |In manette la famiglia Marino

Rosario Sciuto, organico del clan Mazzei, fu freddato il 24 novembre 2011. Il movente: questioni di droga, oltre all'aperto contrasto della vittima per la relazione tra la figlia e Gaetano Marino. Il ventenne avrebbe sparato 10 colpi.

arrestati padre e due figli
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CATANIA –  Identificati i killer di Rosario “U Sucaru” Sciuto, freddato nell’androne di un palazzo del viale Moncada il 21 novembre 2011. In manette i fratelli Alessio e Gaetano Marino e il padre Raffaele: una famiglia conosciuta nella malavita di Librino. Almeno dieci colpi quelli che colpirono U Sucaru prima che potesse entrare nell’ascensore del palazzo per raggiungere l’appartamento all’ultimo piano dove viveva con la sua giovane compagna. Sciuto, organico al clan Mazzei, era uscito dal carcere da qualche anno e sembrava aver abbandonato la “strada della malavita”. Aveva infatti aperto una piccola attività commerciale. Solo una copertura però perché Sciuto avrebbe gestito una piazza di spaccio a Librino facendo concorrenza ai Marino, referenti dai Santapaola.

Immediatamente dopo l’agguato i carabinieri avevano concentrato l’attenzione nella famiglia Marino: le intercettazioni hanno portato ad aprire anche un’indagine parallela scattata negli arresti (eseguiti nel 2012) dei due fratelli Alessio e Gaetano come capi del gruppo di una gang specializzata in assalti in bar, distributori di benzina, di una gioielleria e anche ai danni di passanti e che aveva la protezione dell’uomo d’onore e trafficante di droga dei Santapaola Fabrizio Nizza. L’accusa per i due fratelli (Alessio all’epoca era ancora minorenne) era di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di rapine e furti, aggravata dall’uso delle armi. Qualche mese dopo toccò al padre Raffaele finire in carcere con l’accusa di estorsione. Il 19enne Alessio Marino, qualche mese fa, è stato arrestato per l’omicidio del rigattiere Giovanni Di Bella, ammazzato per aver “alzato la voce” durante un incontro con il fratello adolescente che si contendeva con il figlio della vittima una ragazza del quartiere.

Per i tre l’accusa è pesantissima: quella di omicidio. Per il padre Raffaele, 48 anni, contestata anche l’associazione mafiosa a Cosa Nostra. A inchiodarli sarebbero state anche le rivelazioni di Fabrizio Nizza: incastrati, insomma da chi una volta “li proteggeva”. A dare input investigativi ai carabinieri e al pm Rocco Liguori della Dda di Catania anche altri tre collaboratori di giustizia: Davide Seminara, “luogotenente” del Nizza, Salvatore Cristaudo, organico del clan Santapaola, e Giuseppe Scollo, capo del gruppo di Lineri.
A sparare quella sera di novembre del 2011 sarebbe stato Gaetano Marino. Il 24enne avrebbe aspettato Sciuto nell’androne del palazzo di Viale Moncada 13, non appena ha premuto il tasto dell’ascensore è stato crivellato di colpi. Almeno dieci pallottole calibro 38, una alla testa come “colpo di grazia”. E dietro l’omicidio non ci sarebbe stata solo la concorrenza nella gestione di una piazza di spaccio a Librino, ma anche il diniego imposto alla figlia di chiudere la relazione amorosa con Gaetano Marino. Rosario Sciuto era riuscito a salvarsi da un agguato negli anni Novanta, quando era stata pianificata la sua eliminazione al culmine di una guerra intestina ai Mazzei. Invece non è sfuggito alla furia omicida di un 20enne, una pericolosa mina vagante.

 


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