PALERMO – Un fallimento pilotato che rimanda a una storia di mafia. I finanzieri del Comando provinciale di Palermo, su delega della Procura, hanno eseguito un provvedimento di sequestro della Coedil di Domenico Tafuri, imprenditore di Altofonte e fratello di uno dei postini del capomafia Mimmo Raccuglia nel corso della sua latitanza.
Le accuse a Domenico Tafuri
Domenico Tafuri è indagato per bancarotta fraudolenta e documentale. Non potrà esercitare impresa per un anno. La società vale oltre 300 mila euro. L’origine del fallimento parte da lontano e s’intreccia con l’impresa del fratello, la Coedilcem.
Una decina di anni fa quando emerse il ruolo di Salvatore Mario Tafuri nella rete dei pizzinali del potente ed ergastolano boss Mimmo Raccuglia, soprannominato il veterinario, sotto sequestro su decisione della sezione Misure di prevenzione era finita anche la Coedil assieme ad altri beni che superavano il valore di dieci milioni di euro. L’impresa però fu successivamente dissequestrata.
Il fallimento e la distrazione di beni
Secondo i finanzieri del nucleo operativo metropolitano del gruppo di Palermo, guidato dal colonnello Danilo Persano, Domenico Tafuri in un periodo in cui la società era in stato di crisi e ne ere stato chiesto il fallimento avrebbe distratto i beni. Beni che sarebbero stati ceduti alla Coedilcem appositamente creata come diretta continuazione della Coedil: stessi oggetto sociale, sede operativa e asset aziendali.
Un tentativo per evitare che i creditori si rivalessero sul patrimonio aziendale composto da somme in contanti, materiali e depositi cauzionali. Per riuscire nel piano Domenico Tafuri avrebbe nascosto e manomesso i libri e le altre scritture contabili della società in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio della società fallita.
La latitanza di Raccuglia, durata quindici anni, finì in un appartamento di Calatafimi. Quindici anni che non gli impedirono di riunirsi con la famiglia per le vacanze e addirittura diventare padre per la seconda volta. Tutto merito, secondo l’accusa, della rete di favoreggiatori che smistavano la sua posta e organizzavano gli spostamenti.