PALERMO – Si difende per un’ora e venti rispondendo alla domande dei pubblici ministeri. Poi, all’uscita dalla caserma della Guardia di finanza, Rosario Crocetta, accompagnato dall’avvocato Vincenzo Lo Re, riassume il contenuto dell’interrogatorio: “Ho chiarito la vicenda. Il reato (gli viene contestato l’abuso d’ufficio ndr) sarebbe stato commesso solo se si fosse prorogato l’affidamento alla società senza gara pubblica o se si fosse interrotto il pubblico servizio, cosa che sarebbe accaduta se non avessimo assunto quel personale, unico ad avere competenza a gestire i flussi informatici”. Ed ancora: “L’ex socio privato in cinque anni non ha mai formato, come da accordi, i dipendenti della Regione, quindi non esisteva altro personale qualificato. Comunque la delibera di Giunta era pienamente rispettosa del parere dell’Avvocatura dello Stato che è un soggetto terzo. Rispetto il lavoro dei magistrati, ma questa è una vicenda pirandelliana. Chi ha sprecato denaro pubblico non viene toccato dall’inchiesta. Mentre io che ho agito nell’interesse del servizio pubblico, facendo risparmiare denaro, sono coinvolto nell’indagine. A meno che governare non sia un reato”.
Assieme a Crocetta sotto inchiesta ci sono l’ex pm e amministratore unico della società partecipata, Antonio Ingroia (sarà interrogato domani), e gli ex assessori che avallarono le assunzioni: Antonino Bartolotta, Ester Bonafede, Dario Cartabellotta, Nelli Scilabra, Michela Stancheris, Patrizia Valenti, e dell’ex ragioniere generale Mariano Pisciotta.
Nel marzo scorso il giudice per le indagini preliminari Lorenzo Matassa, come anticipato da Livesicilia, non ha accolto la richiesta di archiviazione, avanzata dalla Procura, dell’inchiesta a carico di ignoti perché “ignoti” non erano coloro che potrebbero avere commesso il reato di abuso d’ufficio. L’informativa della finanza – composta da quarantotto pagine – secondo il giudice, individuava specifiche violazioni della legge che prevedeva il blocco delle assunzioni. Sarebbe ravvisabile “dolo intenzionale” nell’operato dei vertici di Sicilia E-Servizi e della politica regionale nonostante fosse stata sottolineata la finalità pubblica dell’operazione. Ingroia, infatti, ha sempre sostenuto la necessità delle 76 assunzioni per evitare la paralisi. Assunzioni, per altro, avallate da un parere dell’avvocatura dello Stato.
Di diverso avviso i finanzieri. Le loro indagini sono già costate la citazione a giudizio per danno erariale davanti alla Corte dei Conti degli stessi Ingroia, Crocetta e degli assessori della giunta. La richiesta di archiviazione era del luglio 2014. Eppure, nel novembre dello stesso anno, quando Livesicilia diede notizie dell’inchiesta penale, Ingroia scrisse in una nota che “la storia dell’inchiesta che sta circolando su giornali e siti web questa mattina è campata in aria, non esiste. È, insomma, la classica bufala. So con certezza – aggiungeva – che fino a oggi l’unico fascicolo aperto dal Procuratore Agueci sulla società di cui sono amministratore è quello, aperto su mia denuncia, che riguarda le passate gestioni e che nulla, proprio nulla, ha a che vedere con le 76 assunzioni. Francamente mi chiedo come possano circolare certe notizie che non hanno alcun fondamento”.
Ed invece il fondamento c’era. Nel luglio 2014 i pubblici ministeri avevano formulato la richiesta di archiviazione, trasmessa dopo la pausa estiva all’ufficio del giudice per le indagini preliminari. E cioè prima che Ingroia bollasse come “bufala” la notizia lanciata da Livesicilia. A marzo si arrivò all’iscrizione “coatta” dei presunti autori dell’abuso d’ufficio. Il fascicolo è tornato al procuratore aggiunto Bernardo Petralia e al pubblico ministero Maria Teresa Maligno che oggi hanno interrogato Crocetta.
L’inchiesta penale si muove parallela a quella contabile. A metà maggio il vice procuratore regionale della Corte dei Conti, Gianluca Albo, è stato durissimo nella sua requisitoria: “In tanti anni di lavoro, non ho mai visto una delibera del genere”. Crocetta risponde di un presunto danno erariale di 265 mila euro, Ingroia per 100 mila euro, così come l’avvocato dello Stato, Massimo Dell’Aira, che aveva firmato il parere favorevole sulle assunzioni. Ammonta a circa 50 mila euro ciascuno il presunto danno contestato agli ex assessori Scilabra, Valenti, Stancheris, Cartabellotta, Bonafede e Bartolotta.