L’incubo, poi la vendetta “porno” contro la moglie: si va in aula

L’incubo, poi la vendetta “porno” contro la moglie: si va in aula

Il marito è accusato anche di stalking
CALTAGIRONE
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CALTAGIRONE (CATANIA) – L’incubo e la persecuzione. Un ricatto strisciante: la minaccia di diffondere un video a luci rosse. E infine la divulgazione vigliacca di quelle immagini, violando ogni forma di complicità e intimità, consegnandole a un’altra persona. Si è chiuso in uno dei peggiori modi possibili il matrimonio di una coppia del Catanese.

Lei alla fine ha sporto denuncia. Ora per il marito la Procura di Caltagirone ha chiesto il rinvio a giudizio, con le  accuse di stalking e “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. È il nuovo reato di revenge porn. L’udienza preliminare si aprirà il 12 settembre alle 9.45 dinanzi al Gup Desirèe Augusto.

L’accusa

L’imputato, un 44enne, è stato denunciato dalla moglie, ovviamente – il reato è perseguibile a querela di parte – ma l’accusa ha raccolto anche numerosi elementi, come le chat in cui lui minaccerebbe di far vedere quei video ad altri, non rassegnandosi alla fine della loro relazione.

L’accusa scaturisce anche dal materiale sequestrato, dalle acquisizioni e analisi di dati informatici e dalle testimonianze raccolte. Il coniuge è difeso dall’avvocato Silvano Domina del foro di Enna. L’inchiesta è stata coordinata dal sostituto procuratore Alessandro Di Fede, che ha deciso di esercitare l’azione penale chiedendo il rinvio a giudizio.

L’udienza

La donna, che all’udienza preliminare potrebbe costituirsi parte civile, è assistita dall’avvocato Ignazio Donzuso del foro di Catania. La denuncia è stata presentata nel dicembre del 2022, dopo circa 4 mesi in cui avrebbe subito un’autentica persecuzione.

Lui avrebbe minacciato di inviare quel video, raffigurante la donna durante un rapporto sessuale, a tutti. Cosa che avrebbe fatto, inviandolo a un uomo senza il consenso di lei. Da qui l’accusa di revenge porn.

Il reato, che in Italia è normato da un paio d’anni, punisce chiunque, “dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate”.


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