L'indegno giro di vite | sulle nomine della sanità catanese - Live Sicilia

L’indegno giro di vite | sulle nomine della sanità catanese

Dal Cannizzaro al Policlinico; dal Garibaldi all'Asp 3. Non c'è nulla di avvincente nel sapere che, una volta ancora, le sorti della salute dei cittadini siano affidate a scelte dettate dal mantenimento degli equilibri politici o, peggio ancora, dall'improvvisazione. Nel silenzio assoluto delle istituzioni. Una condizione inaccettabile.

CATANIA. Nessuna vergogna. Nessun imbarazzo: nemmeno una punta di rossore. Quella della nomina dei manager della sanità catanese è una vicenda paradossale. Che fa schiumare rabbia da qualsiasi parte la si voglia stare a guardare. Una farsa in più atti che deve ancora far conoscere il suo epilogo tant’è che quello al quale abbiamo assistito ha il sapore inconfondibile dell’avvisaglia.
Non c’è niente di appassionante in tutto questo.

Nulla di avvincente nel sapere che, una volta ancora, le sorti della salute dei cittadini siano affidate a scelte dettate dal mantenimento degli equilibri politici o, peggio ancora, dall’improvvisazione. Catania, nel frattempo, sta a guardare. Resta a subire in silenzio. Dalle istituzioni cittadine non c’è stato un solo alito di protesta. Eppure, la vicenda appare così grave da dover scatenare come minimo una tempesta. E, invece, niente. La sanità è cosa evidentemente ancora troppo clientelare per poter permettere di far intromettere a tal punto da alzare la voce e scompaginare i piani di una politica incapace di mettere un minimo di programmazione tra le sue priorità.

Le nomine mancate, revocate, umiliate di Cantaro e Pellicanò alle aziende Cannizzaro e Policlinico/Vittorio Emanuele vanno ben oltre le questioni di natura giuridica. Oltre qualsiasi cavillo burocratico o parere legale. Il carrozzone delle nomine regionali si è trasformato in un grande pasticcio irrispettoso della dignità di tutti: di chi attende che le strutture ospedaliere possano diventare baluardi di efficienza e programmazione. E’ della salute che si parla. Non certo del torneo di freccette. Ecco, perché fa ancora più male l’omertà delle istituzioni.

E’ poi chiaro, sempre a proposito delle nomine, che vi sia una norma che dev’essere rispettata. E’ un fatto oggettivo, lapalissiano, sebbene anche – anche qui – le modalità e i tempi con i quali si è agito lasciano il campo a tutta una serie di considerazioni tutt’altro che discutibili. L’idea che emerge è quella di un forte conflitto di potere che coinvolge una parte della politica ed il Governatore Crocetta. Una contrapposizione che ha portato allo stallo. Al black out. Viene da pensare che i nomi di Cantaro e Pellicanò siano stati utilizzati essenzialmente come possibile merce di chissà quale scambio. Una partita che pare destinata a concludersi davanti al Tar. E Catania con le sue due aziende ospedaliere tra le più grandi dell’isola ne paga, manco a dirlo, lo scotto feroce.

Ma nel quadro generale del grande circo della sanità pubblica, nemmeno gli altri versanti catanesi stanno meglio. Al Policlinico/Vittorio Emanuele le sorti sono rette oggi dall’ex direttore amministrativo Bonaccorsi. Ma la nomina di manager non gli è mai stata ratificata dalla Regione. Al Garibaldi l’avviso di garanzia fatto recapitare al direttore generale, Santanocito (per i fatti di Palazzo degli Elefanti), ha sollevato un tale vespaio di polemiche che c’è chi si è spinto a chiederne (sottovoce, si capisce) le dimissioni per motivi di opportunità. All’Asp 3 vige, invece, una condizione di “commissariamento a vita”: la Murè (dirigente dell’assessorato regionale) è, infatti, il secondo commissario consecutivo ad insediarsi in via Santa Maria La Grande. “Ma si tratta di un incarico temporaneo”, continua a sostenere qualcuno: e dalle nostre parti, si sa, non c’è nulla di più duraturo della provvisorietà. Più che una previsione, un avvertimento.

Una classe dirigente che si rispetti non avrebbe che da porre mano con il massimo impegno ad una emergenza che ha già oltrepassato il livello dell’indecenza. E invece no. Si resta a subire. Rigorosamente in silenzio o, al massimo, con qualche bla bla.


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