Lo scriba e il faraone: un viaggio tra gli abissi della memoria - Live Sicilia

Lo scriba e il faraone: un viaggio tra gli abissi della memoria

Il romanzo d'esordio di Annamaria Zizza per Algra sorprende per densità e trama

Avere un piccolo capolavoro tra le mani e scoprirlo strada facendo, pagina dopo pagina. Sono tre gli ingredienti a far spiccare il volo al racconto: il mistero, una robusta intelaiatura fatta di coordinate storiche e una scrittura rapida e ammiccante. Annamaria Zizza, al suo primo romanzo, dà prova di saperci fare con l’arte della suspense. Lo scriba e il faraone (Algra, 2021) è un libro a doppio strato, che insegue vicende diacroniche evidentemente connesse tra loro. Un salto “profondo” tremila anni. 

In fondo, cos’è la ricerca tra le cose del passato se non una discesa tra gli abissi di un pozzo? Thomas Mann lo sapeva perfettamente quando dilatò in maniera indefinita la vicenda di Giuseppe e i suoi fratelli. E più si va giù e più c’è il rischio di destare dalle zone di rimozione della memoria qualcosa d’inquietante. Un incubo acquattato tra le pieghe del subconscio. 

Se la sabbia è vero che nasconde, è altrettanto vero che molto spesso conserva quanto c’è di più delicato. Servono infatti le suggestioni alla C. W. Ceram per affrontare con passo fermo le incursioni archeologiche di Zizza. Il titolo del romanzo è assai rivelatore. Perché è certo che abbiamo a che fare con l’Antico Egitto e con la campagna per portare alla luce la tomba del leggendario Tut-Ankh-Amon. Che non fu, di certo, un faraone più grande di altri.  

Infatti non lo ricordiamo per le sue gesta. Paradossalmente è ancor più degna di memoria la vicenda di Akhenaton, il cui nome fu dannato e cancellato insieme alla sua riforma politico-religiosa dai tratti iconoclasti. La tipologia del libro che abbiamo tra le mani non ci permette di concedere ulteriori particolari sulla trama.

Qualcosa però va detta sull’impresa che Zizza ha compiuto. Non era infatti facile tradurre in una narrazione affascinante la storia (e pronta per essere trasposta sul grande schermo) di quella che per alcuni è la più grande rivoluzione della storia umana, la nascita del monoteismo. 

Una vicenda traumatica, dolorosa, che interrogò profondamente l’ebreo Sigmund Freud. Il quale, nei suoi ultimissimi scritti (i meno frequentati dalla comunità scientifica), tentò disperatamente di frenare la furia nazista indicando nell’Antico Egitto la matrice rimossa dell’odio antisemita. Si tratta di una tesi complessa e che attraversa come un fiume carsico l’intera storia occidentale. 

Per chi ne volesse sapere di più, l’opera dell’egittologo tedesco Jan Assmann rimette in ordine tantissimi dettagli sparsi in oltre due millenni di civiltà. Ma non vogliamo dilungarci ulteriormente: perché approfondire in questa sede le tesi sia di Freud che dello stesso Assmann ci direbbe sin troppo sulla trama del libro. Meglio fare un passo indietro e rinviarvi alla densità delle parole di Zizza. 

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