Lombardo e la mafia| Ultime ore per decidere - Live Sicilia

Lombardo e la mafia| Ultime ore per decidere

ATTESA PER OGGI LA DECISIONE
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Il conto alla rovescia è appena scattato e oggi il presidente della Regione Raffaele Lombardo saprà se il procedimento per concorso esterno in associazione mafiosa a suo carico proseguirà oppure diverrà soltanto un vecchio ricordo. Il Gip Luigi Barone al momento non ha accolto la richiesta di archiviazione che era stata avanzata dall’ex reggente della procura Michelangelo Patané e dal coordinatore della Dda Carmelo Zuccaro. Richiesta che aveva provocato una spaccatura, ma soltanto in punta di diritto, sull’interpretazione degli elementi a carico dei fratelli Lombardo. Per questo domani il Gip potrà disporre nuove indagini, ordinare l’imputazione coatta oppure procedere con l’archiviazione, cosa che sino ad oggi non ha ritenuto di fare.

Lo stato degli atti.  “Le divergenze sul caso Lombardo hanno riguardato sempre e solo questioni giuridiche”: lo ha detto più volte a Livesicilia il pm Michelangelo Patanè, che dopo il pensionamento di Vincenzo D’Agata ha retto la procura consentendo la conclusione di importanti indagini. Tra queste, il 13 giugno, è stata disposta la citazione diretta a giudizio di Raffaele Lombardo e del fratello Angelo per corruzione elettorale, stralciando il processo Iblis e ritenendo sussistere i presupposti per sostenere in giudizio l’ipotesi che i fratelli Lombardo avrebbero “determinato elementi del clan Santapaola e Cappello…” al sostegno dell’Mpa durante le elezioni politiche del 2008, avvenute lo stesso giorno delle regionali. Il processo è in corso e il dottor Carmelo Zuccaro ha sottolineato che “lo stralcio è stato necessario per evitare la prescrizione dei fatti del 2008”. Dopo lo stralcio, i pm Zuccaro e Patanè hanno continuato la valutazione degli elementi a carico dei Lombardo giungendo, prima della nomina del nuovo procuratore capo Giovanni Salvi, alla formulazione della richiesta di archiviazione per il presunto concorso in associazione mafiosa.

Tutti gli elementi. La vera novità del processo Iblis è tratta dal verbale del pentito Eugenio Sturiale “che in passato – scrivono i pm Patanè e Zuccaro- aveva militato nel clan Santapaola e che successivamente era transitato nel clan Cappello e dopo ancora in quello Laudani”. Sturiale ha dichiarato ai pm “di aver assistito tra la fine del 2007 e gli inizi del 2008 ad un colloquio tra tale Antonio Zappalà, autista di Raffaele Lombardo, e Orazio Buda, parente di Orazio Privitera, affiliato al clan Cappello, colloquio durante il quale il primo aveva assicurato il Buda che lui e Raffaele Lombardo si sarebbero ricordati di quello che il Privitera stava facendo per loro”. E poi le dichiarazioni di Di Gati, ma anche i lunghi verbali del pentito Gaetano D’Aquino con i colloqui sui posti di lavoro nella cooperativa “Il Solco”, ove “lavoravano pregiudicati che non sottostavano ad alcuna regola che consentisse il loro controllo sul posto di lavoro”. Di queste cose Giampiero Salvo, figlio di “Pippo u carruzzeri”, prima esponente del clan Savasta e poi transitato nel clan Cappello, avrebbe parlato con D’Aquino, con Orazio Privitera, con Sebastiano Lo Giudice e con Giovanni Colobrita, ma senza specificare quali fossero i vantaggi per il clan Santapaola e quali per il clan Cappello in cambio del sostegno ai Lombardo alle elezioni del 2008”.

Zuccaro e Patanè evidenziano che secondo D’Aquino “il clan Santapaola si era molto impegnato nella campagna elettorale per favorire l’elezione di Lombardo Raffaele alla presidenza della Regione”, e che “era assolutamente certo che Angelo Lombardo è amico di tutta la malavita di Catania… Raffaele Lombardo non mi sento di dire che è amico della malavita di Catania, Angelo Lombardo al 101%”. D’Aquino parla anche di una cena tra malavitosi per promuovere il sostegno di Raffaele Lombardo alla presidenza della Regione. E poi una lunga disanima delle sentenze della Cassazione, a partire da quella a favore del deputato Calogero Mannino, sul concorso esterno in associazione mafiosa.

Le conclusioni. I pm Michelangelo Patanè e Carmelo Zuccaro ritengono che le intercettazioni contenute nelle 80mila pagine di Iblis siano “gravemente indizianti solo del fatto che i fratelli Lombardo Raffaele ed Angelo abbiano direttamente o indirettamente preso contatti con esponenti anche di vertice del sodalizio mafioso denominato Cosa Nostra, anche esterni alla “famiglia” Santapaola (il caso più eclatante è quello del Di Dio) per sollecitare l’appoggio in occasione di varie competizioni elettorali a partire almeno dagli anni Novanta”. E ancora: “Alcuni di questi contatti ebbero luogo con personaggi che avevano già subito procedimenti penali per delitti di criminalità organizzata di cui le cronache avevano dato notizia, come nel caso dei rapporti di entrambi i fratelli Lombardo con il Di Dio nel 2004 che sono emersi dalle intercettazioni, mentre per tempi più recenti, come in occasione delle elezioni politiche e regionali del 2008, le intercettazioni offrono risultati diversi a seconda che si consideri l’operato di Lombardo Angelo, che peraltro continuò a mantenere rapporti diretti con pregiudicati per delitti di mafia anche dopo la sua elezione alla Camera dei Deputati, ovvero quello di Lombardo Raffaele, di cui le intercettazioni non danno elementi di prova di suoi contatti diretti con esponenti del sodalizio mafioso, già riconoscibili come tali per vicende giudiziarie già rese note, prima delle elezioni del 2008. Sembra che tali contati non vi furono o furono resi assai difficili per volontà dello stesso Lombardo, dopo l’elezione a presidente della Regione”.

I contatti tra Raffaele e Giovanni Barbagallo prima e dopo le elezioni non rientrerebbero – secondo i pm – tra i “rapporti con esponenti la cui caratura mafiosa fosse già resa nota dalle cronache giudiziarie”. Non si cita la festa in casa di Barbagallo alla quale ha partecipato Angelo Lombardo insieme ad alcuni pregiudicati.  Dalle intercettazioni tra Raffaele Lombardo e Salvatore Bonfirraro, “uomo di fiducia del Bevilacqua Raffaele… avvocato e uomo politico ennese ma anche imputati in vari procedimenti penali perché ritenuto rappresentante di vertice di Cosa Nostra per la provincia ennese”, i pm passano all’incontro, confermato da Raffaele Lombardo in conferenza stampa e dai pm nella richiesta di archiviazione, sottolineando che anche nelle telefonate “per interposta persona il Lombardo non aveva avuto remore a richiedere l’appoggio del Bevilacqua, del quale non poteva ignorare le pesanti vicende giudiziarie, essendo già stato all’epoca il Bevilacqua posto in stato di custodia cautelare per reati di criminalità organizzata di tipo mafioso”. “Tuttavia – scrivono i pm – appare evidente che nessun accordo è stato infine raggiunto tra i due, sicché tali circostanze non possono assumere diretto valore indiziario del delitto di concorso in associazione mafiosa”. L’agenda del boss Bevilacqua- conteneva l’appunto “ore 8 da Raf…dire a Raf a chi fare domanda per aeroporto”…Lombardo ha spiegato che si trattava della ricerca di un posto di lavoro per il figlio del boss all’aeroporto.

“Per quanto riguarda gli elementi processuali che dovrebbero fornire indicazioni in ordine alla specificità e concretezza degli impegni che i fratelli Lombardo avrebbero assunto nei confronti del sodalizio mafioso denominato Cosa Nostra in corrispettivo del predetto sostegno elettorale deve invece registrasi che le fonti probatorie…sono assolutamente carenti ed anzi sembrano fornire indicazioni in senso contrario”.  Tutti i collaboratori di giustizia, secondo i pm Zuccaro e Patanè, non avrebbero indicato impegni concreti. Sarebbe di rilievo l’improvvisa indisponibilità di Raffaele Lombardo, dopo le elezioni, ai contatti con gli esponenti di Cosa Nostra. “Non poteva sopperire -si legge nella richiesta di archiviazione- a tale mancanza di contatti con il presidente della regione il fatto che Lombardo Angelo fosse da loro ancora avvicinabile, atteso che questi non disponeva di alcun potere decisionale e doveva comunque far capo al fratello, che però, secondo l’espressione usata da Aiello, si era messo in mano agli sbirri”.

I pm contestano l’avviso di conclusione delle indagini preliminari per concorso in associazione mafiosa perché si ipotizza che Raffaele Lombardo “avrebbe utilizzato per mantenere i contatti indiretti con Cosa Nostra, il fratello Angelo e l’incensurato Giovanni Barbagallo”, ma questi tentativi sarebbero non provati dal fatto che Angelo Lombardo è stato bastonato per non aver rispettato i presunti patti, e dal malcontento generale che circolava tra i mafiosi dopo le elezioni nei confronti di Raffaele Lombardo.  I pm registrano “una carenza del quadro probatorio a carico dei fratelli Lombardo che investe gli essenziali momenti della dimostrazione della sussistenza di impegni specifici assunti da parte dei predetti politici in favore del sodalizio mafioso e della dimostrazione di condotte esecutive di tali impegni”.

E poi mai sarebbe emerso che i boss mafiosi avrebbero agito con la “forza intimidatrice” -sottolineano ancora i pm- tipica del metodo mafioso. Il ritratto diventa triste e sociologico e i pm Zuccaro e Patanè non esitano a parlare di “realtà devastante sotto il profilo dell’espressione del consenso elettorale”, e cioè “quella di una fascia di elettori appartenente ai livelli sociali più elevati che stringono perversi accordi con la consorteria mafiosa o con i politici nella prospettiva di conseguire a loro volta profitti ingiusti e quella di altra ben più numerosa cerchia di elettori che, versando in precarie condizioni economiche svende un diritto politico fondamentale, il proprio diritto di voto, in cambio di modeste somme di denaro o di altre irrisorie utilità, come dimostrano in modo eloquente le dichiarazioni del D’Aquino e del Di Gati”.  Ecco perché domani è un giorno decisivo per il futuro processuale di Raffaele e Angelo Lombardo.


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