“L’oro di San berillo” di Trischitta: | “Solo l’arte salverà il quartiere” - Live Sicilia

“L’oro di San berillo” di Trischitta: | “Solo l’arte salverà il quartiere”

Un testo teatrale intessuto di aneddoti, dialoghi e immagini del quartiere distrutto dalle bombe e sventrato. L’autore catanese Mimmo Trischitta, presenta il suo nuovo libro la cui prefazione è scritta da Pippo Baudo: “Istituire una giornata della memoria catanese per ricordare lo sventramento del quartiere”.

La presentazione
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CATANIA. Il quartiere di San Berillo come metafora di una deriva umana e sociale, ma senza dimenticare “l’oro” che lo fece splendere. E’ il tema al centro del nuovo libro dell’autore catanese, Mimmo Trischitta “L’oro di San Berillo”. Mentre per aprile è già in programma il debutto al Teatro Stabile del testo “Sabbie Mobili”, ecco che l’autore presenta un nuovo scritto teatrale, nato anche dalla collaborazione con Giuseppe Leone e con la prefazione di Pippo Baudo. A presentarlo ieri nella piccola libreria di piazza Verga l’autore insieme agli amici Nicola Costa e Giuseppe Condorelli. Un testo teatrale intessuto di aneddoti, dialoghi e immagini del quartiere distrutto dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale e poi – con pari brutalità – svuotato a fine degli anni cinquanta dal “piano di risanamento urbano” mai portato a termine. Uno sventramento che lo ha trasformato nel fantasma di sé stesso e sconosciuto ancora a molti. “Ma solo l’arte e la letteratura come un genius loci possono trionfare laddove la politica ha palesemente fallito” – commenta Trischitta.

San Berillo vecchio e San Leone sono zone che Trischitta conosce bene, perché sono i luoghi in cui ha vissuto con i suoi genitori. Lo scenario raccontato è quello dell’avvilimento e dell’affezione alla speranza: sessant’anni di storia catanese, in cui si consuma la “tragedia esistenziale di una comunità” fatta di trans e prostitute, “Che ha scelto come filosofia di vita l’arte dell’arrangiarsi. Un disordinato agglomerato di case, situato nel cuore di Catania”, che a causa degli avvenimenti, è divenuta “un’anima purgatoriale alla ricerca della propria identità”.

“Racconto la storia – spiega l’autore – che parte dagli anni trenta fino agli anni novanta, e le vicende di questo quartiere attraverso quadri molto veloci. Era un testo teatrale che tempo fa voleva produrre il teatro Stabile sotto la guida di Pippo Baudo. Un progetto in cui credevano molto ma poi non andato in porto. Qualche anno feci poi una mise en espace che andò molto bene con Donatella Finocchiaro e Francesca Ferro nello studio ReBa di Renato Basile. E poi decidemmo assieme a Giuseppe Leone di trasformarlo in un libro e prendo spunto proprio da alcuni testi che scrisse mio padre che abitava in via Celeste”.

Ma oggi la situazione non è migliorata nel quartiere, rimasto abbandonato a sé stesso. “San Berillo continua ad essere un patetico luogo – prosegue – che ci ricorda quello che poteva essere. Dopo lo sventramento e la deportazione, si sono aggiunti i contenziosi fra amministratori e privati che non sono mai giunti ad un accordo urbano. Tutt’ora quelle aree sono rimaste vuote, mentre la zona di via delle Finanze è sempre più fatiscente. Anche se, ci sono molte associazioni – spiega – che stanno tentando di rivitalizzarlo tramite alcune attività e di recente c’è stata anche l’apertura di un pub. Io ci vorrei magari una libreria, per esempio. Ma sono pur sempre tentativi che partono dal privato” – precisa. Ma è della memoria di San Berillo che non rimane abbastanza secondo Trischitta. “Non dobbiamo perdere di vista che San Berillo non è quello che vediamo adesso, – dice. Ma è tutto quello che c’era e non c’è più: un quartiere fatto di artigiani operosi e molto popoloso. Non possiamo smettere di alimentare la memoria. Secondo me solo la letteratura e il teatro sono in grado di farlo – sottolinea Trischitta – Credo che debba essere istituita una giornata della memoria catanese proprio per ricordare lo sventramento di San Berillo”.

Nel corso della presentazione ad interpretare alcuni passi del libro gli amici Costa e Condorelli. Fra i dialoghi riportati anche quello di un atroce regolamento di conti fra un killer e il suo nemico avvenuto in una sala di barbiere a San Leone. Infine, nella prefazione de “L’oro di San berillo”, l’ex quartiere a luci rosse è raccontato da Pippo Baudo. Eccone un breve stralcio: “San Berillo ha avuto una grande importanza nella mia gioventù catanese. A metà degli anni cinquanta tutta la città passeggiava riservandosi in via Etnea e , per noi diciottenni, c’era una deviazione obbligatoria verso il quartiere San berillo dove, in case compiacenti e autorizzate, si dava libero e poco costoso sfogo ai nostri bollenti spiriti. (…) Improvvisa si sparse la notizia: San Berillo sarebbe stato demolito e sarebbe sorto un grande quartiere per fare affacciare Catania alla distesa azzurra del suo mare. Passeggiavo con il compianto Pippo Fava, maestro di giornalismo e di vita. Ci colpì vedere gli appartamenti spaccati dalle inesorabili pale meccaniche. (…) A Fava venne un’idea geniale. Perché non scrivere un lamento di un cittadino, sgomento di fronte a quello spettacolo, testimonianza di una giovinezza sfiorita, di amori conquistati a poche lire? E così parafrasando Garḉia Lorca scrivemmo “Lamento in morte di una casa chiusa”. La rappresentazione ebbe successo anche se le autorità in sala non gradirono molto l’allusione. Ci riprova ora Domenico Trischitta, riaprendo con coraggio una dolente ferita della memoria. Intanto il nuovo San berillo non è ancora nato. (…) Mi auguro che Catania, abbia finalmente il suo grande balcone sul mare” – conclude Baudo.

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