Lupara bianca nella duna: il corpo martoriato di Timonieri - Live Sicilia

Lupara bianca nella duna: il corpo martoriato di Timonieri

Dai consulenti delle difese, emergono inquietanti retroscena al processo per l’omicidio del ventiseienne di San Cristoforo Vincenzo Timonieri
CORTE D'ASSISE
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CATANIA. Le mani di Vincenzo Timonieri, il ventiseienne di San Cristoforo ammazzato a febbraio 2021 e seppellito in una duna di Vaccarizzo, avevano alcune dita staccate. E le ossa non sarebbero mai state rinvenute. È uno degli agghiaccianti retroscena emersi dalla deposizione dei consulenti al processo per il delitto. Ne ha parlato un medico legale, consulente della difesa.

Le falangi staccate potrebbero voler dire tante cose. La vittima potrebbe esser stata torturata prima, dai macellai che lo hanno ucciso. O magari, dopo la morte, i suoi killer hanno tentato di distruggere il corpo diversamente, prima di optare per il seppellimento. Ad ogni modo i consulenti della difesa hanno sollevato dubbi sulla testimonianza degli assassini rei confessi, Michael e Ninni Sanfilippo, principali testi dell’accusa.

Alla sbarra sono due giovani che hanno scalato le vette del potere mafioso, in uno dei più potenti gruppi del clan Santapaola Ercolano. Si tratta di Natale Nizza (il figlio di Giovanni ‘banana’), potentissimo a San Cristoforo, e Sam Privitera, uno che il clan dei Nizza avrebbe incaricato di gestire gli “affari” a Librino. I due imputati sono difesi rispettivamente dagli avvocati Luca Cianferoni, Salvatore Catania Milluzzo e Andrea Gianninò.

I dubbi sulla tesi dell’accusa sono legati alla dinamica riferita dagli assassini rei confessi, che sarebbero caduti in contraddizione dicendo di aver assassinato Timonieri sparandogli in macchina, poi di nuovo fuori, con una pistola calibro 9X21, poi di averlo seppellito e basta. Questo viene ritenuto impossibile dal consulente balistico della difesa.

Secondo il consulente balistico, sarebbe incompatibile con la scienza, poiché, il colpo di una pistola nove per ventuno all’interno di una piccola macchina li avrebbe intanto storditi e intontiti, poi sarebbe uscito tantissimo sangue e anche i movimenti del corpo della vittima sarebbero stati diversi da come riferito.

Sta di fatto che questa è la tesi dei consulenti della difesa. Di tutt’altro avviso è ovviamente l’accusa, che ha portato alla sbarra Nizza e Privitera, ritenendo attendibile il racconto auto e etero-accusatorio dei due killer. Si tornerà adesso in aula venerdì per l’esame degli imputati e di altri testi della difesa.

Il processo si celebra dinanzi alla Corte d’assise di Catania, presieduta da Maria Pia Urso. Il movente, secondo l’accusa, sarebbe stato legato alle ambizioni di Timonieri, che avrebbevoluto mettersi in proprio, approfittare dei propri personalissimi fornitori di droga napoletani e spacciare senza rispondere più al clan Nizza.

Un progetto che ovviamente non poteva andare giù ai responsabili della cosca, i quali per questo avrebbero deciso di ordinarne l’assassinio. L’accusa si basa sulle indagini coordinate dai pm Lina Trovato, Rocco Liguori e Alessandro Sorrentino. A una delle scorse udienze hanno deposto i pentiti Salvatore Scavone e Silvio Corra. E Scavone è ilcollaboratore di giustizia, ex reggente del clan Nizza, che ha raccontato di aver sentito confessare di aver ordinato il delitto a Natalino Nizza.


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