PALERMO – Andrea Di Marco, pittore raffinato, esponente di punta della nuova scuola palermitana con Francesco De Grandi, Fulvio Di Piazza e Alessandro Bazan, è morto questa notte. Aveva solo 42 anni. Se n’è andato all’improvviso, come per prima ha riferito la testata palermitana Balarm, che parla di uno shock anafilattico. Un gelo di incredulità cala sugli amanti della sua straordinaria arte. Un gelo che ha i colori dei suoi olii, lavori straordinari che avevano conquistato in questi anni platee nazionali.
Solo un anno fa la Galleria d’Arte Moderna di Palermo aveva aperto con una sua personale il suo triennio d’arte. Ma Di Marco era stato anche vincitore di premi nazionali di prestigio, come il Fabbri nel 2007, conquistando addetti ai lavori e appassionati con i suoi “lapini”, i suoi escavatori, i suoi scorci di “lavori in corso”. “Andrea Di Marco è pittore finissimo che sceglie soggetti di scarto”, scrisse qualche anno fa su I love Sicilia Paola Nicita, raccontando l’arte di questo straordinario giovane talento.
Innamorato della pittura, nel suo studio palermitano, dove spesso trovavi a dipingere altri “gemelli” della nouvelle vague panormita, lavorava con una gioia contagiosa. Sorridente, autoironico, appassionato, a volte scherzando inalava quel profumo da “vernice fresca” come Robert Duvall, in Apocalypse Now respirava a pieni polmoni “l’odore del Napalm”. Si aggirava per Palermo armato della sua curiosità, di quella straordinaria sensibilità che è solo del vero artista, alla ricerca di giostre, venditori di canotti e palloni, ombrelloni chiusi, materiale di scarto abbandonato sul marciapiede, lapini stracarichi di casse che si reggevano su equilibri misteriosi. E quegli angoli dimenticati di Palermo, insignificanti istantanee di quotidianità, diventavano perle sulle sue tele.
Se n’è andato in silenzio Andrea Di Marco. Discreto come i soggetti delle sue opere. Beffardo come il suo sorriso dolce, che non sarà dimenticato da quanti, come chi scrive, hanno avuto il privilegio di conoscere, oltre alla sua arte, la sua umanità.