Ma Palermo non può essere l'agonia tra un Festino e l'altro

Ma Palermo non può essere l’agonia tra un Festino e l’altro

La festa è passata. Pensiamo davvero alla città
IL QUATTROCENTESIMO
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Il Festino, nella sua rappresentazione clou di un monumentale quattrocentesimo anniversario, è passato. Ha mandato un messaggio di riscossa, contro la mafia e il crack, grazie alla voce limpida dell’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice.

Ha offerto, come è nella sua identità, una doppia lettura tra la sobrietà del sentimento religioso e le tinte colorate della devozione popolare.

Non potevano mancare i distinguo, le critiche alla dimensione spettacolare. Ne abbiamo dato conto, perché siamo immersi nell’aria di questa città, la respiriamo e l’abbiamo raccontata in occasione di una seguitissima diretta con cui abbiamo voluto offrire il nostro omaggio di cittadini e di cronisti.

Adesso, bisogna – come si dice – guardare avanti, non per dimenticare ciò che abbiamo appena vissuto. Per innestarlo nella dinamica dei nostri buoni propositi, per trarne coraggio, per ricavare, dalle nostre stesse promesse, la coerenza che porterà a mantenerle.

Palermo è una città da troppi anni in crisi. C’è un governo politico a cui è legittimo rivolgersi, per chiedere una minima vivibilità. Ma c’è anche una comunità che deve essere responsabile nei comportamenti. Altrimenti, le intenzioni di riscatto avranno la stessa consistenza delle parole al vento. E non possiamo permettercelo. Palermo non può essere l’agonia tra un Festino e l’altro.


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