Anche stasera vivremo la bellezza del Festino che può essere inganno, oppure verità. La bellezza è verità quando ci mette in contatto con la sincera devozione e quella porzione di cielo che mostra, avendo a che fare con il manto della speranza sopra le sofferenze. La bellezza è inganno, se diventa un espediente per risolvere l’enigma, al momento, irrisolvibile: che cos’è Palermo? Se somiglia al traguardo additato, purché si dimentichi il resto.
Ma è una storia vecchia e non appartiene per forza alla propaganda, né alla contamporaneità. Il nostro stesso desiderio di illuderci ci trascina, da sempre, accanto al carro della nostra amata Santuzza, con la necessità di scordare le brutture, chiudendo gli occhi. Invece, dovremmo essere lì con tutte le ferite denunciabili. Per chiedere la grazia di un tempo consapevole.
Tutto, in questa città, non soltanto a luglio, si muove tra lo sfolgorio dei giochi di fuoco e il triste destino dei babbaluci. Palermo risplende. Palermo divora e viene divorata.
Lucente è la cronaca delle nozze d’argento e di lusso, dei cinesi che sbarcano al ‘Falcone e Borsellino’, perché vedono strade opportune di sviluppo, del magnate nipponico, infatuato dall’incanto, che guarda l’obiettivo e dice: “Palermo is beautiful”. Un politico sensibile come Gianni Cuperlo ha raccontato, per una sua visita recente, sui social, la sua gratitudine per l’accoglienza.
Me per quelli che arrivano, magari i nomadi digitali, e scavano una dimora luminosa, ci sono gli altri – i residenti – che sopportano il soffocamento della violenza, della sporcizia, della vivibilità, l’abbandono del centro storico, la risacca della civiltà, lo sterminio del crack. E non ne possono più.
Non sarà semplice venirne a capo, nel dilemma della schizofrenia tra la città rilucente e la città divorata. Come si può essere siciliani?, domandava Sciascia, avviando il discorso da Montesquieu.
Come si può essere palermitani? Noi non lo sappiamo. Ma stasera, idealmente o fisicamente accanto al carro, dovremmo chiedere alla Santuzza di trasformarci in una cosa sola, non più mille anime frastagliate. Una cosa sola, capace di specchiarsi, sostenuta dalla verità, nel dolore del babbaluci, come nell’allegoria giocosa di un fuoco d’artificio.
scrivi a direttore@livesicilia.it

