Avrei voluto esserci anch’io ad accoglierli allo stadio, di ritorno dal “Francioni” di Latina, come c’ero dieci anni fa quando il Palermo sancì con un uguale 3-1 sulla Triestina la matematica promozione in serie A, ma allora ero (o mi credevo d’essere) giovane e pur con la febbre, che mi coglie puntualmente ad ogni forte emozione, partecipai alla festa, dentro e lungo le vie della città. Stavolta me la sono solo immaginata, bloccato a letto da un bel “38,5”, con i soliti amici delle partite in trasferta a farmi compagnia e darmi conforto perché non riuscivo a saltare ed urlare come faccio di solito quando vedo giocare la mia squadra. E chi se ne frega se ancora manca un punticino, un miserabile punticino, per consacrarla anche negli annali del calcio questa magnifica promozione. Che è stata una lunga, irresistibile cavalcata, una sorta di sfida all’O.K. Corral, il Palermo contro tutti e tutto; perfino contro lo scetticismo di gran parte della città, che lo ha abbandonato al suo destino, con scuse varie, che avevano il sapore delle barzellette già sentite, delle battute sarcastiche che non facevano ridere nessuno.
Lo stadio vuoto e il Palermo che vinceva domenica dopo domenica, guidato da un formidabile condottiero, dal cappellino sempre calato sugli occhi e gli occhi sempre puntati sui suoi giocatori: mister Iachini, questo allenatore umile e perseverante, che ama il lavoro, che predilige il lavoro, che ha una sola religione: il lavoro. E che, partita dopo partita, ha portato così in alto il Palermo – trovato che era a tre punti dalla zona retrocessione – da staccarlo da tutto il resto della compagnia sino ad arrivare, ieri, a sfiorare la matematica promozione in serie A, a ben sette giornate dalla fine del campionato: un record. Uno dei tanti di questa squadra, misconosciuta fino ad un paio di settimane fa, se è vero, com’è vero, che fino ad un paio di settimane fa, lo stadio è rimasto semivuoto, a dispetto dell’attaccamento della curva Nord, quella superiore e quella inferiore, nata da poco e già diventata il pilastro del tifo rosanero di oggi, di domani, di sempre. E lo diventerà perché, una volta tornati in serie A, tutta la curva Nord, dall’alto al basso, si unirà per tifare insieme sempre e comunque per il Palermo, senza distinzioni di casta, di lignaggio, di età, di meriti e medaglie.
Tutti insieme nel nome del Palermo e del tifo che la nostra squadra merita, al di là di beghe e incomprensioni, che hanno fin qui tenute distinte e separate le due realtà più importanti e decisive del tifo rosanero: la curva Nord superiore (che è la tradizione, che è la storia, che è l’orgoglio del nostro Palermo) e la curva Nord inferiore (che è la nuova leva, la linfa vitale che viene dalle nuove generazioni, ricche di passione ed entusiasmo). Si sono ritrovati, ieri notte, gli uni e gli altri, per accoglier insieme nel piazzale dello stadio “Barbera” (e sono sicuro che lì tra loro, non visto ma “sentito”, c’era anche il mitico Renzo, felice come una Pasqua, lui che del Palermo fu per una vita il primo tifoso) i giocatori reduci dal “Francioni” di Latina. Dov’erano andati per vincere, ed hanno vinto, come fanno regolarmente ed irresistibilmente da dieci trasferte di seguito: altro record di Iachini e dei suoi magnifici ragazzi.
A Latina c’erano anche più di quattrocento tifosi rosanero, arrivati da Palermo ma soprattutto dai dintorni, a cominciare dai soliti “Emigrati rosanero”, che non mancano a nessuna trasferta del Palermo ed hanno sempre pronti i loro vessilli e le loro bandiere.. Una curva intera pavesata dai nostri colori, nel primo tempo alle spalle di Sorrentino che, piazzandosi tra i pali, li ha salutati calorosamente agitando le braccia. Su un piccolo striscione colorato di rosa c’era una scritta in nero, questa: “Da Gangi a Subiaco”. Erano dei tifosi madoniti, che vivono lassù, nella città che diede i natali a Gina Lollobrigida e che dista pochi chilometri da Latina. Così pochi che raggiungerla è possibile perfino a piedi (sic). Il “Francioni” è piccolo ed elegante, sembra un salotto più che uno stadio per la serie B ed era tutto pieno, anzi stracolmo. Un tutto esaurito che non supera le ottomila unità. Dovesse andare in A, Latina città dovrebbe pensare ad uno stadio più grande, in grado di reggere l’urto di partite ( e di tifosi) contro Juve e “strisciate” varie. Ma questa è la sua prima stagione in serie B e fin qui il piccolo, quasi intimo stadio del “Francioni” basta ed avanza. Fa sentire forte e potente il calore dei tifosi accalcati sugli spalti, a pochi metri dal terreno di gioco: una spinta spesso decisiva, ma non ieri perché di fronte il Latina aveva la regina del campionato, quella regina che governa da oltre sei mesi le sorti del campionato e, come si sa, è sempre il campo a decidere chi è il migliore e merita la vittoria. Al di là del tifo sugli spalti e dei tifosi che sono così vicini da sentirli perfino respirare.
Dopo un primo tempo di approccio cauto e prudente, il Palermo è passato, al culmine dell’ennesima combinazione Vazquez (un gigante capitato per caso a… Lilliput) Dybala, con errore marchiano di Brosco (nell’occasione sarebbe meglio ribattezzarlo “Brocco”) che gli spalanca la porta di Jacobucci davanti agli occhi: scavino di sinistro del piccolo, talentuoso argentino e palla in rete. Ma dura poco perché il Latina è una squadra compatta che lotta su ogni palla, digrigna i denti e picchia: tutta roba a norma, da quando il Palermo è in serie B e sovrasta ogni avversario dall’alto di una classe nettamente superiore (e non se ne schifino i soliti sapientoni che già immagino come sogghignino in questo momento pensando che tanta classe riluce perché d’intorno c’è solo il buio di questa mediocre serie B). Passano, infatti, solo sei minuti e, in seguito ad un calcio di punizione dalla trequarti , che spiove alto in area di rigore rosa, fa sponda di testa Jonathas e Paolucci, l’ex di turno, come tradizione vuole, mette in rete l’1-1. Potrebbe finire qui la partita, ché in teoria un punticino non fa male a nessuno, se in panchina non ci fosse uno come Iachini, che vive solo per l’ebbrezza che gli dà il profumo della vittoria. E così, al 15’, dopo un gol fallito da Belotti, che svirgola goffamente un pallone respinto da Jacobucci (su un gran tiro di capitan Barreto) lo sostituisce con Lafferty e comincia un’altra partita, che vede il dominio assoluto del Palermo, su un Latina sempre più trafelato e falloso. Dal 16’ al 26’ è una sinfonia di azioni avvolgenti del Palermo, con Vazquez e Dybala a dettar legge: 23’ veloce incursione Vazquez, Pisano, Dybala, rapido palleggio da un piede all’altro e diagonale tranciante, che sfiora il palo più lontano di Jacobucci; 24’: entra Hernandez per Dybala e il ragazzino si vede chiaramente che non gradisce, ma ci pensa Iachini a rincuorarlo con due paroline ad un orecchio, mentre si accomoda in panchina. E si sa che il mister, fra le sue qualità ha quella di indovinare sempre i cambi. Hernandez, infatti, appena entrato sfiora il gol di testa: Jacobucci si supera in angolo. Gol che arriva subito dopo, a seguito dell’ennesimo corner magistralmente battuto da Barreto, che Pisano sfiora di testa, godendo d’improvvisa libertà per l’uscita a farfalle di Jacobucci. 2-1 per il Palermo e partita in cassaforte, anche se, sotto la spinta del pubblico, il Latina ha un sussulto d’orgoglio, che, però, non provoca alcun problema all’inoperoso Sorrentino. Ma i nerazzurri si riversano generosamente all’attacco e si scoprono dietro, così che, al 46’, su un contropiede a tre tocchi Hernandez, Barreto, Bolzoni, quest’ultimo offre a Lafferty una palla dolce come un cioccolatino e lui non può che piazzarla di interno-piatto destro nell’angolo più lontano. 3-1 per noi e festa finale sotto la curva dei propri tifosi, che saltano e ballano tutt’insieme.
Insieme pure a tutti i giocatori rosanero, panchinari compresi, fra i quali spicca la faccia felice di Samir Ujkani, uno che non gioca mai ma che nel gruppo conta come se lo facesse. Poi c’è la festa, non vista, negli spogliatoi di tutta la squadra, dirigenti e accompagnatori compresi. E il punticino che manca ancora? E chissenefrega!