Processo alla mafia agrigentina | Assoluzioni e condanne definitive - Live Sicilia

Processo alla mafia agrigentina | Assoluzioni e condanne definitive

Il pentito Calogero Rizzuto

La Cassazione scrive la parola fine al processo nato dall'operazione "Scacco matto"

SENTENZA DELLA CASSAZIONE
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PALERMO – Sono i mafiosi del versante agrigentino della Valle del Belice. Il sigillo sulla loro colpevolezza lo ha messo la Corte di Cassazione che ha reso definitive una serie di condanne. C’è un unico assolto: Paolo Capizzi, difeso dagli avvocati Nino Mormino e Teo Caldarone. È stato subito scarcerato. La Suprema Corte ha annullato, senza rinvio, la condanna a 6 anni che gli era stata inflitta in appello. Non ha commesso lui, dunque, la tentata estorsione sui lavori di realizzazione della conduttura Burgio Favara.

Molti altri imputati sono e resteranno a lungo in cella. Per altri, invece, si dovrà celebrare un nuovo processo di secondo grado visto che è arrivato l’annullamento con rinvio della sentenza.

Diventano definitive le pene per Salvatore Imbornone di Lucca Sicula (10 anni e 8 mesi) Giuseppe Capizzi, di Ribera classe ’66 (6 anni); Calogero Rizzuto, di Sambuca di Sicilia (4 anni e 8 mesi); Antonino Gulotta, di Montevago (10 anni); Giuseppe Capizzi, di Ribera, classe ’68 (8 anni e 8 mesi).

Confermate le assoluzioni per Antonino Montalbano, di Ribera, Michele Giambrone, di Villafranca Sicula, Giuseppe Orlando, di Ribera, Pietro Antonio Derelitto, di Burgio, Giacomo Corso, Giuseppe Barreca e Leonardo Tavormina, tutti e tre di Menfi.

Un nuovo processo sarà celebrato, nei confronti di Raffaele Sala, di Burgio, (9 anni e 8 mesi in appello), Paolo Capizzi, Ribera classe 1940, (10 anni), Francesco Capizzi, Ribera (12 anni), Accursio Dimino, di Sciacca (9 anni e 4 mesi in appello), Gino Guzzo, di Montevago (18 anni). Per tutti, tranne per Sala, difeso dall’avvocato Aldo Rossi di Sciacca, si dorvà solamente rideterminare la pena.

Furono tutti coinvolti nel 2008 nell’operazione denominata Scacco Matto coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo che azzerò i vertici delle cosce mafiose agrigentine. Le intercettazioni svelarono gli interessi della mafia in un grossa fetta della provincia. Poi, arrivarono le dichiarazioni di Calogero Rizzuto a confermare il quadro accusatorio e aggiungere nuovi particolari. Di cose da raccontare Rizzuto ne aveva parecchie. Lui che da lavoratore socialmente utile era diventato il boss di Sambuca di Sicilia, in grado di tenere i rapporti con il capo assoluto di Cosa nostra agrigentina Giuseppe Falsone.

 


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