Mafia, conflitti tra generazioni: così Ercolano voleva prendere il potere - Live Sicilia

Mafia, conflitti tra generazioni: così Ercolano voleva prendere il potere

Vent'anni e il desiderio di emergere sugli altri

CATANIA – Pietro Gagliano doveva morire. Un proposito ascoltato dai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Catania, che ha costretto a una brusca accelerata. È il cuore dell’operazione Leonidi, messa a segno dalla procura di Catania. Nove persone sono state fermate, tra le quali spicca un cognome eccellente: Sebastiano Ercolano, classe 2003, figlio di Mario e nipote di Aldo Ercolano. Rampollo di una dinastia imparentata direttamente con Nitto Santapaola.

È il 21 ottobre 2023, nella zona del Passereddu, a San Cristoforo. Pietro Gagliano, ritenuto esponente del clan Cappello-Bonaccorsi, spara quattro colpi d’arma da fuoco contro alcuni esponenti del clan Santapaola-Ercolano. È l’esito di una lite. I santapaoliani restano illesi. I militari, che indagavano già da maggio su alcune delle persone coinvolte, riescono a seguire la pianificazione della vendetta armata.

Il ruolo di Sebastiano Ercolano emerge qui: figlio di Mario Ercolano, condannato all’ergastolo per omicidio, è inoltre nipote di Aldo, detenuto anche lui per associazione mafiosa nell’ambito del processo Dionisio. Mario e Aldo sono cugini di Aldo Ercolano, tra i più noti killer di Cosa nostra: sta scontando la pena all’ergastolo per avere ucciso, il 5 gennaio 1984, il giornalista Giuseppe Fava. Il padre di Aldo, il boss deceduto Pippo Ercolano, ha sposato Grazia Santapaola, sorella di Nitto.

La discendenza del giovane Sebastiano Ercolano, ventenne, è diretta. Sarebbe stato lui a volere riaffermare la “credibilità” della famiglia Santapaola-Ercolano, ideando e organizzando il progetto di vendetta. Avrebbe fatto perfino un sopralluogo nel covo di Gagliano, per valutare al meglio come agire uccidendo la vittima e senza lasciare traccia. Il piano avrebbe previsto che, subito dopo il delitto, i killer andassero in discoteca: serviva un alibi.

Il giovane Ercolano avrebbe tentato di prendere in mano le redini dell’associazione, dando nuovo slancio allo spaccio di cocaina, hashish e marijuana e dotandosi di armi sempre più performanti. Nel corso delle indagini, sarebbe emerso il conflitto generazionale interno alla cosca: gli affiliati anziani, più grandi d’età, e lo stile dell’immersione; contrapposti ai giovani, spregiudicati, irruenti, desiderosi di esibire la propria vita lussuosa a favore di social network.

Davide Enrico Finocchiaro, classe 1985, accusato di essere a capo del gruppo del Villaggio Sant’Agata, avrebbe più volte rivendicato l’appartenenza a Cosa nostra e, in particolare, a un gruppo “insignito di medaglie”. Cioè i morti subiti, gli ergastolani dietro le sbarre per avere a loro volta ucciso. Le fibrillazioni intercettate dagli investigatori raccontano la corsa alle armi.

I nove destinatari di fermo, a seguito della ricerca sul territorio attuata dai Carabinieri, sono stati rintracciati e portati in carcere, a Catania, a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

Elenco dei destinatari di fermo:

  1. ASSINNATA Salvatore, nato a Catania il 15.09.1972;
  2. CULTRARO Giuseppe, nato a Catania il 7.4.1980;
  3. ERCOLANO Sebastiano, nato a Catania il 10.4.2003;
  4. FINOCCHIARO Davide Enrico, nato a Catania il 7.11.1985;
  5. FINOCCHIARO Salvatore, nato a Catania il 10.3.1975
  6. GAGLIANO Salvatore Pietro, nato a Catania il 3.8.1997;
  7. POIDOMANI Salvatore, nato a Catania il 16.8.1971
  8. RAZZA Antonino, nato a Catania il 4.3.1988;
  9. ROMEO Samuele, nato a Paternò (CT) il 14.3.1999.

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