PALERMO – Michele Rubino e Vincenzo Ganci sono stati scarcerati. Si tratta di due imputati del processo “Cupola” per i quali sarà celebrato un nuovo processo di appello.
Nel precedente giudizio gli erano stati inflitti rispettivamente 10 anni e 8 mesi e 8 anni e 8 mesi per mafia ed estorsione. Nel frattempo tornano a piede libero, seppure con alcune rigide prescrizioni.
La difesa
Gli avvocati Domenico La Blasca e Michele Giovinco per Rubino, Antonio Gargano e Raffaele Bonsignore per Ganci hanno fatto ricorso chiedendo la scarcerazione per decorrenza dei termini di fase (il tempo massimo entro il quale si deve chiudere una fase del giudizio). La Procura generale di Palermo si era opposta ritenendo che non fossero stati calcolati i periodi di sospensione.
La seconda sezione della Corte di appello ha dato ragione alla difese. Rubino e Ganci sono stati scarcerati, ma con il divieto di espatrio, l’obbligo di dimora a Villabate e Misilmeri e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
La vergogna per il banchetto non pagato
Rubino è consuocero di Colletti, il capomafia di Villabate che partecipò alla riunione della cupola, convocata in una palazzina a Baida nel 2018, e che poi decise di collaborare con la giustizia. Colletti ripeteva spesso che Rubino era l’ago della bilancia del suo potere.
A Colletti toccò ingoiare un boccone amaro. Le spese del ricevimento di nozze dei figli erano state divise a metà, solo che l’assegno di Rubino non era coperto.
Colletti subì l’affronto della telefonata del titolare del ristorante. Il boss si sentì umiliato: “…. un’altra vergogna… il primo assegno che gli ha fatto Michele… il primo… protestato… lui in poche parole di tutto questo matrimonio ha uscito solo cinque mila euro fino a ora non ha uscito manco una lira.. ci siamo?… stava facendo troppe cose sbagliate”.
La passione per la politica
Nel frattempo le microspie registravano tutto. Prima gli arresti, poi il pentimento di Colletti che svelò ai magistrati i retroscena della nuova cupola.
Ganci, assunto alla Gesip nei primi anni Duemila, è stato consigliere comunale a Misilmeri e di circoscrizione a Palermo (quartieri Oreto- Villagrazia-Falsomiele), dove tentò la corsa a Palazzo delle Aquile.