PALERMO – Dalla violenza al consenso. È la traiettoria che la mafia sta seguendo con un processo di riorganizzazione e di rigenerazione dopo la morte di Totò Riina, gli arresti di capi e fiancheggiatori, le confische di ingenti patrimoni. Di queste nuove strategie hanno parlato, nelle relazioni per l’apertura dell’anno giudiziario a Palermo il presidente della corte d’appello Matteo Frasca, il procuratore generale Roberto Scarpinato e il procuratore Francesco Lo Voi.
La scomparsa di figure forti come quelle di Riina e di Bernardo Provenzano ha indotto Cosa nostra a riorganizzare le proprie fila con un’opera di pacificazione tra le varie famiglie. Così si ritrovano ormai uniti i corleonesi “vincenti” e i gruppi “perdenti”, decimati dalle guerre di mafia, e tutti insieme hanno scelto una nuova via: abbandono di ogni traccia di violenza, condivisione della gestione di traffici tradizionali (pizzo in primo luogo, ma anche droga e scommesse), controllo del sistema degli appalti, collegamenti con le attività professionali.
Questo nuovo orizzonte criminale è stato organizzato senza la decisiva influenza del superlatitante Matteo Messina Denaro che resta legato a una visione “dinastica” del potere mafioso. Tanto è vero che i suoi più stretti collaboratori vengono dalla sua cerchia familiare. L’abbandono di quella feroce violenza che ha provocato la dura risposta dello Stato è ora il metodo condiviso nella fase della riorganizzazione di Cosa nostra che da un lato cerca di mantenere il controllo di tutte le attività più lucrose con un processo, secondo Scarpinato, di “lento e sotterraneo mutamento del metodo di rapportarsi con la società civile”. E’ in atto infatti una “progressiva transizione dalla violenza al consenso”.
L’altro grande tema che è stato al centro delle relazioni sull’inaugurazione dell’anno giudiziario nei distretti della Sicilia è stato quello della carenza di organici. Un argomento sottolineato in particolare dal Procuratore generale di Caltanissetta Lia Sava, con particolare riferimento alle inchieste sulle stragi mafiose, dal Procuratore Amedeo Bertone e dal presidente della Corte d’appello di Messina Michele Galluccio.(ANSA).