La mafia del degrado, la Palermo che non vogliamo vedere

La mafia del degrado, la Palermo che non vogliamo vedere

Viaggio in un quartiere segnato dal blitz

PALERMO – Dove finisce il degrado e inizia la mafia? C’è una scritta sul muro di via Cipressi, potente come un’ammonizione dantesca: “Chi odia la polizia non fa la spia”. Impossibile non vederla imboccando la strada verso il dedalo di viuzze del rione Zisa.

La trazzera e i poveri

Si fa presto a dire strada. In realtà è una trazzera, piena di buche, rattoppi e rattoppi dei rattoppi. I cumuli di spazzatura ai bordi la rendono ancora più stretta. Si è obbligati a fermare la marcia per far passare chi proviene dal senso opposto. La sosta è utile, inatteso antidoto contro l’indifferenza di un’accelerazione.

Puoi guardare in faccia le persone che si mettono in fila. Sono i poveri, gli ultimi di una città che aspettano uno dei 150 pasti che ogni giorno i volontari preparano nella mensa della chiesa dei Cappuccini.

La notte

Di notte cala il buio. I pali dell’illuminazione pubblica, i pochi e malandati che ci sono, non bastano. Più avanti c’è una bancarella che arrostisce il pesce. Si porta la cena, si mette sulla griglia e si torna a casa. In via Regina Bianca nuovi pusher sono arrivati a dare il cambio ai vecchi finiti in carcere. I blitz si ripetono ma non incidono sulla sostanza delle cose.

All’angolo di via Imperatrice Costanza si sta formando l’abituale cumulo di rifiuti. I mobili vecchi hanno iniziato a ricoprire il motorino elettrico abbandonato. Fra una manciata di giorni non si vedrà più. È la strada dove viveva Giuseppe Incontrera. Due anni fa lo hanno ammazzato a colpi di pistola in pieno giorno. Poco più in là una pescheria abusiva.

Il banco della vendita è circondato dal lerciume. Devi fare una gimcana per superare le cassette del fruttivendolo – i problemi della circolazione non sono affari suoi – per arrivare in via Silvio Pellico dove c’era la macelleria dei fratelli Gregorio e Tommaso Di Giovanni. Sono i capimafia detenuti che avrebbero lasciato il bastone del comando al fratello Giuseppe, arrestato e scarcerato per scadenza dei termini di custodia cautelare.

Il blitz

All’alba di alcuni giorni fa l’ennesimo blitz. Una decina degli arrestati viveva in queste stradine. Chi ha bussato alle loro case racconta di avere trovato, in alcuni casi, lo stesso degrado che c’è all’esterno. Alla fine della stradina si apre una piazza.

Sulla sinistra c’è il castello della Zisa, con le fontane spente e l’acqua putrida. Ultimato nel 1167 fu la residenza estiva dei re e delle loro corti. Il suo nome deriva dall’arabo “al-Aziz” che significa “splendido”. Devono essere stati luoghi magici. L’immaginazione esplora mondi sconosciuti, ma le montagne russe della ragione riportano all’oggi. Per ammirare il castello si deve superare con lo sguardo una pompa di benzina abbandonata.

Dove finisce il degrado e inizia la mafia?

A Palermo funziona così, gli impianti dismessi diventano monumenti di archeologia industriale. Tutto intorno si accumulano sterpaglie e rifiuti.

Dove finisce il degrado e inizia la mafia? Probabilmente basta togliere il punto interrogativo per trovare la risposta. Dove inizia il degrado attecchisce la mafia che alimenta il degrado. È un circolo vizioso, l’immagine di una battaglia sociale che stiamo perdendo e di cui ci si accorgerà, quando sarà vinta la guerra contro la mafia.

La possibile via per la salvezza – dobbiamo sforzarci di crederla possibile – è negli occhi dei bambini che giocano nel parco giochi del castello, nelle mani di chi prepara il pasto per i poveri, nell’impegno di persone come Mauro Billetta, parroco della chiesa di Sant’Agnese a Danisinni, che ogni giorno combatte a mani nude il male della strada. La tossicodipendenza, i giovani smarriti, la gente senza lavoro, la disperazione di chi non ha da mangiare. Anche questo è Palermo, ma prevale la voglia di non vedere. Ed invece servirebbe un “sussulto di dignità”.


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