Mafia, droga e pizzo sulla fiction| Clan della Noce, 37 condanne - Live Sicilia

Mafia, droga e pizzo sulla fiction| Clan della Noce, 37 condanne

Gaetano Maranzano e Cosimo Michele Sciarabba

Poche le denunce. I vertici della Magnolia fiction si ribellarono al racket.

Palermo - la sentenza d'appello
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PALERMO – Le accuse reggono anche in appello. Trentasette le condanne inflitte. Due sole le assoluzioni. Nell’ottobre del 2012 il blitz della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra mobile azzerò le famiglie della Noce, di Cruillas e di Altarello.

Il mandamento sarebbe stato retto da Fabio Chiovaro, era lui l’uomo del lavoro sporco, mentre Franco Picone avrebbe vestito i panni del capo carismatico. Chiovaro, finito in carcere nell’ottobre del 2010, era stato costretto a farsi da parte fino a maggio del 2011. Una volta tornato in libertà si era ripreso lo scettro del comando. La prima faccenda da affrontare fu il conflitto con gli scissionisti. Un gruppo di ribelli, approfittando della sua assenza, aveva provato a scalzarlo. E si erano meritati l’appellativo di stiddari. Salvatore Seidita sarebbe stato alla guida del gruppetto dei ribelli, poi rientrati nei ranghi, composto da Giuseppe Sammaritano, Umberto Maltese e Antonino Bonura. La mappa del potere degli investigatori piazzava Gaetano Maranzano alla guida della famiglia di Cruillas, coadiuvato da Domenico Spica. Ad Altarello, invece, avrebbe comandato Vincenzo Tumminia.

I reati contestati nel processo andavano dall’associazione mafiosa all’estorsione, dal traffico di sostanze stupefacenti, all’interposizione fittizia di beni, al possesso ed uso illegale di armi da fuoco. Cambiava la mappa del potere, ma l’imposizione del pizzo restava una costante per vecchi e nuovi boss. Tanti, troppi commercianti e imprenditori continuavano a pagare. Alcuni, però, trovarono la forza di denunciare. Ad esempio, i vertici della Magnolia fiction. Perché i boss erano andati a imporre la messa a posto persino sul set dello sceneggiato I Segreti dell’acqua con Riccardo Scamarcio.

Questi gli imputati e le pene inflitte con uno sconto di pena rispetto al primo grado: Fabio Chiovaro (14 anni e 6 mesi), Tommaso Tognetti (11 anni e sei mesi), Felisiano Tognetti (10 anni), Francesco Picone (21 anni e 8 mesi in continuazione con una precedente condanna), Salvatore Seidita (12 anni), Vincenzo Tumminia (11 anni), Gaetano Maranzano (12 anni), Cosimo Michele Sciarabba (8 anni), Domenico Spica (8 anni e 6 mesi), Giuseppe Sammaritano (8 anni e 10 mesi), Santino Chiovaro (8 anni e quattro mesi), Santo Pitarresi (5 anni e 9 mesi), Girolamo Albanese (5 anni e 9 mesi), Nicolò Giacomo Sciarratta (8 anni e 6 mesi), Giovanni Guddo (8 anni e 6 mesi), Carlo Castagna (12 anni e 8 mesi), Tommaso Castagna (8 anni e 8 mesi), Gaetano Castagna (8 anni e otto mesi), Antonio Giuseppe Enea (8 anni), Giuseppe Di Benedetto (5 anni), Saverio D’Amico (6 anni e sei mesi), Umberto Maltese (8 anni e 6 mesi), Antonino Bonura (8 anni), Gaspare Bonura (9 anni e 2 mesi), Giovanni Matina (10 anni), Renzo Lo Nigro (10 anni e 6 mesi), Marcello Argento (9 anni), Giuseppe Bonura (4 anni e 4 mesi ), Giuseppa Mirabella (2 anni), Umberto Sammaritano (1 anno e 8 mesi), Vincenzo Acone (2 anni), Vincenzo Toscano (1 anno e otto mesi), Giacomo Abbate (1 anno e 8 mesi), Alessandro Guddo (1 anno 8 mesi), Salvatore D’Amico (1 anno e 8 mesi), Vincenzo Landolina (2 anni).

Assolti Giovanni Seidita (in primo grado era stato condannato a sei anni per mafia. Era difeso dall’avvocato Maurilio Panci) e Dario Giunta (1 anno e 8 mesi in primo grado per intestazione fittizia di beni. Era assistito da Concetta Rubino).


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