PALERMO – Tre chili di cocaina venduti ogni venti giorni. Un giro d’affari “pauroso” da 160 mila euro al mese. Il clan di Porta Nuova riempiva mezza città di droga. A raccontarlo è uno che si sporcava le mani e oggi si è pentito. Si tratta di Francesco Chiarello, uomo della famiglia di Borgo Vecchio.
Il 4 giugno Chiarello è stato interrogato dal pubblico ministero Caterina Malagoli e ha fatto i nomi di chi sarebbe coinvolto nei traffici. A cominciare da quello di Luigi Giardina, cognato del giovane boss Gianni Nicchi, a cui Chiarello assegna un ruolo di vertice. Giardina alcuni mesi fa è stato condannato in appello a 6 anni, il doppio della pena del primo grado. Gli è stato contestato di nuovo il reato di associazione mafiosa inizialmente derubricato in favoreggiamento aggravato.
La droga sarebbe stata conservata nell’officina di Andrea Calandra, arrestato nel blitz delle scorse settimane con il quale i carabinieri hanno azzerato il clan di Pagliarelli. “Questo era quasi a livello di Luigi Giardina, perché era il pupillo di Gianni Nicchi – così Chiarello parla di Calandra -, era un ragazzo messo al Villaggio Santa Rosalia, però appartenente alla famiglia di Pagliarelli, si occupava di droga… che ogni venti giorni mi dava della droga”. Droga che, prosegue il neo pentito, “l’andava a vendere Castronovo, per la famiglia di Porta Nuova, tramite Arcuri Francesco, Gregorio Di Giovanni… fino a giugno 2010… poi è subentrato Di Giovanni Tommaso e si occupava con Nicola Pecoraro…”.
E gli affari andavano a gonfie vele, a giudicare dai numeri: “… quando andavano in questa officina con Arcuri… di fronte l’ospedale Civico… c’è uno scivolo… due tre chili ogni venti giorni…. la vendeva Arcuri… fra Capo, via Cipressi, piazza Ingastone, Borgo Vecchio…”. Le direttive le avrebbe impartite il cognato di Nicchi: “Luigi Giardina incaricava a Marcello Viviano: ‘Va pigghia tre pacchi i cocco’, cocco significa la cocaina e ‘va pigghia per dire 10 chili di fumo’ perché in via Cipressi c’è una piazza paurosa, ma assai”.
Quindi racconta le fasi dell’approvvigionamento: “Che succedeva? Che quando prendevamo questa cocaina e del fumo io me ne andavo con il Beverly di Castronovo Francesco… con la macchina di Castronovo Francesco e io con il motore facevo la staffetta e la portavamo alla stalla, lì vicino via Cipressi… ce le teneva un ragazzo…che avevano arrestato per spaccio… la teneva la Francesco Arcuri, facevamo delle riunioni, in questa stalla, quando arrivavamo, ce l’apriva, ci faceva sedere… un pacco di un chilo per dire 55 mila euro…”.
L’officina di Calandra è la stessa in cui si sarebbero poi svolte delle riunioni convocate da Alessandro D’Ambrogio, oggi in carcere con l’accusa di avere retto il mandamento di Porta Nuova: “Dopo che arrestano Arcuri, noi finiamo con questo, esce Alessandro D’Ambrogio, quasi ogni sera io andavo a lasciare a Gaspare Parisi, che abita vicino all’ospedale Civico… Alessandro D’Ambrogio aveva la sorveglianza e veniva con una bicicletta elettrica, assieme, diciamo, separati, con Antonino Seranella, io parlo marzo 2011, da gennaio 2011 Parisi si vedeva sempre in questa officina… e c’erano Alessandro D’Ambrogio, Tonino Seranella, Giovanni Castello, Gaspare Parisi, Giuseppe Bellino, Luigi Giardina, lui, Marcello Viviano”.