Mafia, infiltrazioni, corruzione |La rete criminale del clan Laudani - Live Sicilia

Mafia, infiltrazioni, corruzione |La rete criminale del clan Laudani

Gli atti della magistratura milanese. I PARTICOLARI. 

l'inchiesta Security
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MILANO – L’ombra della mafia catanese nei supermercati Lidl e in alcuni appalti legati alla vigilanza privata, tra cui quello del Tribunale di Milano. L’inchiesta Security, scattata lo scorso maggio, è arrivata a un punto decisivo. Per 13 degli indagati, infatti, il Gip di Milano Giulio Fanales ha disposto il giudizio immediato “rilevando l’evidenza della prova”. Tra i nomi elencati nelle 69 pagine del decreto spicca quello dell’acese Orazio Salvatore Di Mauro, detto Turi il Biondo e già coinvolto nella maxi inchiesta I Viceré che nel 2016 azzerò i vertici della cosca e le squadre militari che operavano nei diversi comuni dell’hinterland etneo e dell’Etna. Per il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini e il pm Paolo Storari Di Mauro, difeso dagli avvocati Giorgio Terranova e Donatella Singarella, avrebbe avuto un ruolo ben preciso all’interno dell’organizzazione criminale, che avrebbe creato una rete di infiltrazioni allo scopo (anche) di arricchire le casse del clan catanese.

Nel corso del processo, che si aprirà il prossimo 14 novembre davanti alla VII sezione penale del Tribunale di Milano, saranno analizzati i vari passi della delicata indagine che ha portato le telecamere e le cimici degli inquirenti lombardi fino ad Acireale dove sono stati registrati i presunti pagamenti destinati alle casse del clan dei “Mussi i Ficurinia”. I soldi prima sarebbero stati versati a Turi il Biondo, poi dopo il suo arresto, avvenuto il 10 febbraio 2016, il contabile sarebbe diventato Enrico Borzì. L’acese è tra i 15 nomi a cui è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.

“L’associazione – si legge nel decreto – era finalizzata a commettere una pluralità di delitti di emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzzo di fatture per operazioni inesistenti, appropriazione indebita, ricettazione, traffico di influenze, intestazione fittizia di beni, corruzione tra privati”. Il gruppo criminale avrebbe ottenuto “commesse e appalti di servizi in Sicilia” da Lidl Italia e Eurospin Italia attraverso “dazioni di denaro a esponenti della famiglia Laudani”, clan mafioso “in grado di garantire- secondo gli inquirenti – il monopolio di tali commesse e la cogestione dei lavori in Sicilia”.

Il Gip di Milano pone l’accento sulla figura di Di Mauro, che sarebbe secondo gli investigatori un uomo di fiducia di Sebastiano Laudani (detto Iano il grande). E su questo aspetto analizza i legami parentali con la famiglia mafiosa: Di Mauro è sposato con Giovanna Scuderi, figlia di Lucia Laudani, a sua volta figlia del patriarca Sebastiano Laudani (classe 1926). Gli inquirenti milanesi, nel corso dell’inchiesta, seguono quasi in diretta i movimenti di Turi Il Biondo. Il giorno prima del suo arresto a Catania l’imputato chiave era stato a Milano per incontrarsi con l’acese Alessandro Fazio.

GLI IMPUTATI. Luigi Alecci, difeso dagli avvocati Beatrice Saldarini e dall’avvocato Rosanna Natoli, Emanuele Micelotta, difeso dagli avvocati Alfredo Mercadante e Roberta Ligotti, Giacomo Politi, difeso dall’avvocato Andrea Tomaselli, Alessandro Fazio, difeso dagli avvocati Andrea Castaldo e Irene Cioni, Nicola Fazio, difeso dagli avvocati Nicola Saettone e Andrea Castaldo, Alfonso Parlagreco, difeso dall’avvocato Jacopo Cappetta, Orazio Salvatore Di Mauro, difeso dagli avvocati Donatella Singarella e Giorgio Terranova, Orazio Elia, difeso dall’avvocato Carlo Tremolada, Domenico Palmieri, difeso dagli avvocati Claudio Linzola e Davide Steccanella, Antonino Ferraro, difeso dagli avvocati Giuseppe Vernuccio e Elena Cesana, Vincenzo Strazzulla, difeso dall’avvocato Paolo Pappalardo, Simone Suriano, difeso dall’avvocato Pietro Resegotti, Alberto Monteverde, detenuto dall’avvocato Giangiacomo Sacco.

IL SECONDO FILONE DELL’INCHIESTA. Gli inquirenti non hanno smesso di scavare negli affari dell’organizzazione criminale che avrebbe come mente il paternese Luigi Alecci. La settimana scorsa è scattato il secondo capitolo dell’inchiesta che ha portato a 7 ordinanze di misure cautele a carico di 7 soggetti accusati di indebita compensazione di debiti erariali con crediti tributari fittizi ed emissione di fatturazioni per operazioni inesistenti, con l’aggravante di aver utilizzato il metodo mafioso. Gli investigatori hanno scoperto che gli indagati “avevano intrattenuto con un gruppo criminale di persone di origini pugliesi, da anni radicato in provincia di Milano, facenti capo al pluripregiudicato cerignolese Antonio Saracino”, si legge nella nota stampa della Procura di Milano. A capo del sodalizio criminale i pm della Dda di Milano hanno inserito Antonio Saracino, il quale sarebbe stato “consapevole della caratura criminale di Luigi Alecci e dell’appartenenza di quest’ultimo all’organizzazione mafiosa dei Laudani”.


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