Mafia e omicidi in provincia di Messina | Tolto il velo su 17 omicidi commessi in 19 anni - Live Sicilia

Mafia e omicidi in provincia di Messina | Tolto il velo su 17 omicidi commessi in 19 anni

Alla base dell'inchiesta le rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Tra i destinatari delle 13 ordinanze di custodia cautelare anche Giuseppe Gullotti, già condannato per l'assassinio del giornalista Giuseppe Alfano. Lo Forte: "Il cronista assassinato perchè disturbava Cosa nostra di Barcellona". FOTO VIDEO NOMI

blitz gotha 6
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MESSINA – L’inchiesta Gotha 6 della procura messinese, che ha portato all’esecuzione di 13 ordinanze di custodia cautelare in carcere, avrebbe sollevato il velo su diverse uccisioni (tra cui un triplice omicidio) ed un tentativo di omicidio che, nell’arco di quasi un ventennio, hanno contrassegnato le dinamiche criminali della “famiglia barcellonese”, una delle espressioni più temibili ed organizzate della mafia in provincia, capace di mantenere rapporti qualificati con cosa nostra palermitana e catanese e con la ‘ndrangheta calabrese. Il blitz antimafia dei carabinieri del Ros e di quelli del comando provinciale di Messina ha portato alla luce le verità su 17 omicidi compiuti tra il 1993 e il 2012 nel Messinese.

Grazie alle dichiarazioni dei collaboratori e ad attività investigative di riscontro particolarmente accurate e complesse, è stato possibile individuare gli autori e ricostruire movente e modalità esecutive – talvolta estremamente feroci – di una serie di omicidi. Le uccisioni su cui l’inchiesta avrebbe fatto luce sono quelle di Sergio Raimondi, Giuseppe Martino Giuseppe Geraci; Domenico Pelleriti, Salvatore Da Campo, Carmelo Grasso, Felice Iannello, Fortunato Ficarra, Mario Milici Antonino Sboto, Giovanni Catalfamo, Nuziato Mazzù, Domenico Tramontana, Giovanni Di Paola, Carmelo De Pasquale, Giovanni Isgrò, Carmelo Mazza. Carmelo Giambò è sfuggito ai proiettili dei killer.

Tra i destinatari delle ordinanze (leggi i nomi) anche Giuseppe Gullotti, già condannato per l’assassinio del giornalista antimafia Giuseppe Alfano, ucciso in un agguato l’8 gennaio 1993.  L’agguato al cronista, avvenuto la sera dell’8 gennaio 1993, non rientra tuttavia tra i 17 delitti sui quali gli investigatori hanno fatto luce. L’inchiesta, che si è avvalsa anche del contributo di alcuni collaboratori di giustizia, “ha consentito di individuare – spiegano gli investigatori – il movente dei numerosi fatti di sangue, alcuni dei quali particolarmente crudeli”. Movente, “riconducibile alla necessità del sodalizio mafioso di mantenere ad ogni costo il controllo del territorio”. L’accusa è di omicidio aggravato dalle modalità mafiose.

E’ il boss Giuseppe Gullotti, già condannato per l’uccisione di Alfano, il personaggio centrale dell’operazione. Gullotti sta scontando attualmente una condanna definitiva a trent’anni di reclusione come mandante dell’omicidio del giornalista. Il nuovo ordine di custodia cautelare gli è stato notificato in carcere. Il boss è stato accusato da alcuni collaboratori di giustizia di avere avuto un ruolo in altri episodi di sangue avvenuti a Barcellona Pozzo di Gotto. Le indagini su Giuseppe Gullotti, che avrebbe consegnato a Giovanni Brusca il telecomando utilizzato per la strage di Capaci, hanno consentito in passato di scoprire nel Messinese anche la loggia segreta Corda Fratres della quale facevano parte massoni, mafiosi e politici.

“Il giornalista Alfano è stato eliminato perché disturbava gli affari e gli interessi della mafia barcellonese”. Così il procuratore capo di Messina Guido Lo Forte spiegando i particolari dell’operazione in conferenza stampa al comando dei carabinieri di Messina. “In vent’anni di omicidi – prosegue – l’organizzazione ha preteso di avere un controllo del territorio come uno stato con l’eliminazione dei soggetti esterni all’organizzazione che non seguivano le regole, una giustizia interna per chi le violava, una politica di relazioni esterne che riguarda gli omicidi eccellenti”. Tra questi anche l’omicidio del giornalista Beppe Alfano spiega Lo Fortd che dice: ancora questa ricostruzione giudiziaria “dimostra in maniera evidente la ferma tenuta, almeno per vent’anni, della struttura gerarchica dell’organizzazione barcellonese”. “Abbiamo la conferma sulle motivazioni dell’omicidio Alfano e della sua decisione al più alto livello dell’organizzazione mafiosa di Barcellona”.


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