Mafia e processioni, siamo con il questore di Agrigento ma la politica faccia la sua parte - Live Sicilia

Mafia e processioni, siamo con il questore di Agrigento ma la politica faccia la sua parte

Serve un codice etico per gli eletti
SEMAFORO RUSSO
di
3 min di lettura

PALERMO – “Ci schieriamo a sostegno del questore di Agrigento, Emanuele Ricifari, e diciamo fortemente ‘no’ agli inchini delle statue dei santi davanti alle case dei boss, così come diciamo ‘no’ ai portatori delle vare che siano pregiudicati per associazione mafiosa o altri gravissimi reati. Occorre un codice etico affinché vengano scongiurate infiltrazioni da parte di criminali nelle feste patronali e religiose…”.
Sono parole del capogruppo della Dc di Totò Cuffaro all’Ars Carmelo Pace. Un codice etico, quindi, per scongiurare infiltrazioni di criminali nelle feste patronali.

Davvero suggestivo, anche se, ripensandoci, un dirigente politico, un deputato regionale dell’Assemblea regionale siciliana dovrebbe piuttosto temere le infiltrazioni criminali e mafiose nei partiti e nelle Istituzioni, da lì nasce il resto. Sì perché, lo dimostrano migliaia di atti processuali e parecchie sentenze, solo a valle boss mafiosi, gregari e collusi in giacca e cravatta si presentano alla Santa Messa ostentando devozione e nelle processioni imponendo i nomi degli organizzatori, dei portatori e gli inchini del santo sotto le case dei capi di Cosa nostra.

Lo pretendono quell’inchino, i boss, per ribadire un potere che nel tempo è stato consentito da complici insospettabili seduti nelle stanze dei bottoni, da politicanti privi di scrupoli, da esponenti della cosiddetta società civile pronti a qualunque patto sciagurato pur di soddisfare avidità di denaro e smania di contare. Perché, però, Pace cita il questore di Agrigento Emanuele Ricifari? Per capire leggiamo la seguente dichiarazione del numero uno della Questura agrigentina: “Salvaguardare la tradizione ma non consegnarci alla prepotenza dei banditi. Che credibilità possono avere le Istituzioni che partecipano ad una manifestazione chiedendo collaborazione al cittadino quando poi mettiamo il cafone o il mafioso in testa al corteo? Tutti devono rispettare le regole”.

Se lo tengano caro gli abitanti della patria di Pirandello questo alto funzionario di polizia con tale spessore morale e professionale! Cos’era accaduto? In occasione della festa di San Calogero a Porto Empedocle il dott. Ricifari ha chiesto ai portatori della vara del santo la produzione di un’autocertificazione circa l’assenza di gravi precedenti penali dispiegando, al contempo, una massiccia presenza delle forze dell’ordine per impedire qualunque gesto di ossequio o riverenza al passaggio della processione sotto le abitazioni dei mafiosi (presenti o detenuti, uguale). In pieno 2023 dovrebbe essere estremamente naturale, senza alcun bisogno dell’intervento di un poliziotto, non permettere simili aberrazioni o la partecipazione ai sacri riti di gente con in groppa mezzo codice penale.

La Chiesa, d’altronde, è stata finalmente chiara e decisa, dopo decenni di ambiguità e reticenze, prima con Giovanni Paolo II e poi con Benedetto XVI e Francesco, nel condannare fermamente la mafia e certa sacrilega religiosità praticata con in braccio la lupara e al collo il Crocifisso. Invece, ancora risulta necessario vigilare in quanto ancora diffuso il sostegno popolare, specie in determinati territori, nei confronti del sodalizio mafioso. Su 90 portatori del simulacro di San Calogero ben 14 si sono rifiutati di consegnare l’autocertificazione in questione minacciando il mondo intero e magari sollecitando la solidarietà dei colleghi.

In conclusione, un lungo applauso al dott. Ricifari e, con tutto il rispetto, un suggerimento all’onorevole Pace: lasci perdere le infiltrazioni criminali nelle congregazioni religiose e nelle processioni, c’è già chi controlla e provvede. Si occupi di un codice etico della politica che venga osservato rigorosamente senza deroghe ed eccezioni (ahinoi non è così) e si preoccupi di lavorare (insieme agli altri 69 inquilini di Palazzo dei Normanni ovviamente) al fine di rendere il Parlamento siciliano maggiormente produttivo; si impegni a eliminare le cause che stanno a monte del perdurare dell’oppressione mafiosa attraverso azioni legislative e amministrative che stimolino lo sviluppo economico e infrastrutturale della Sicilia, in fondo alle classifiche di ogni tipo e genere, e il lavoro giovanile e femminile. Insomma, che i rappresentanti del popolo siciliano facciano il proprio mestiere, lautamente retribuito. È troppo?

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