Miccoli, la discoteca e il debito | "Così chiese aiuto al figlio del boss" - Live Sicilia

Miccoli, la discoteca e il debito | “Così chiese aiuto al figlio del boss”

Fabrizio Miccoli con Mauro Lauricella

Nell'interrogatorio l'ex capitano del Palermo si difende: “Non sapevo dove andare perché io non ho mai frequentato discoteche... il primo a cui ho pensato è stato Mauro".

PALERMO - IL CASO
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PALERMO – L’accusa è pesante: estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’ex giocatore del Palermo, Fabrizio Miccoli, è indagato a piede libero nella stessa inchiesta costata il carcere a Mauro Lauricella e Gioacchino Alioto, arrestati stamani dagli agenti della Direzione investigativa antimafia su richiesta del procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dei sostituti Francesca Mazzocco e Maurizio Bonaccorso. Lauricella e Alioto sarebbero stati incaricati dall’ex bomber rosanero di recuperare un credito per conto di una terza persona. Un incarico nel quale avrebbero fatto pesare la loro vicinanza a Cosa nostra.

Una vicenda complicata che inizia quando Giorgio Gasparini, ex fisioterapista del Palermo, si attiva per riavere ventimila euro investiti nella discoteca Paparazzi di Isola delle Femmine. Nascono delle difficoltà e Gasparini chiede consiglio ad un altro ex calciatore Pietro Accardi, che su suggerimento de preparatore atletico, Franco Chinnici, ne parla con Miccoli.

Tra il 2006 e il 2007 Gasparini acquista da Andrea Graffagnini (in società con un altro giocatore, Andrea Barzagli, oggi alla Juventus, che vendette le quote nel 2008 ndr) il 51% del capitale della società Papa Cult sas che gestiva la discoteca Paparazzi. L’accordo prevede il pagamento di 42 mila euro, di cui 20 mila subito versati a titolo di acconto (dieci mila a Graffagini e altrettanti a Barzagli). Il saldo sarebbe stato pagato alla firma del contratto. Cosa mai avvenuta. Nel frattempo Gasparini dice di avere speso dei soldi (prima quantificati in 22 mila euro e poi in otto mila) e pretende che vengano detratti dal saldo.

All’inizio del 2008 Gasparini si allontana da Palermo per tre mesi. Al suo rientro, invece di saldare il debito fa sapere a Graffagnini di volere annullare il contratto e lo invita a cercare nuovi acquirenti. Cosa che avviene. Solo che Graffagnini e Gasparini non trovano l’accordo sulle cifre da incassare. Della faccenda, a questo punto, vengono investiti Miccoli prima e Lauricella e Alioto poi. Alioto, detto Zu Gino, venne citato per la prima volta dal pentito Tommaso Buscetta come uomo al soldo delle famiglie mafiose Sinagra, Spadaro e Marchese. Ha un lungo curriculum criminale: traffico di droga, estorsione, porto abusivo di arma. Lauricella è figlio del boss della Kalsa Antonino, soprannominato lo scintillone, arrestato dopo un breve periodo di latitanza.

Le indagini su Mauro Lauricella partono proprio dalla caccia al padre. Gli investigatori sentono una conversazione tra lui e Miccoli, a quei tempi (il 22 giugno nel 2010) capitano del Palermo, in cui il giocatore chiede al figlio del boss di occuparsi del recupero delle somme. Il giocatore si è difeso davanti ai pm dicendo di avere contattato Luricella solo perché lui conosceva tutti i gestori delle discoteche. “Senti una cosa Mauro – dice Miccoli a Lauricella nel 2010 – eh… i primi di luglio poi quando vengo, dobbiamo andare a parlare con sto qua. Eh, andiamo io, tu e lui andiamo, ci andiamo a mangiare una cosa a cena e poi… poi quando ci vediamo… capito parliamo un attimo. Va bene? Allora io appena scendo a Palermo ti chiamo, noi ci vediamo da soli io e te, ti spiego un po’ come è la situazione, perché non dobbiamo parlare solo della situazione mia, c’è un’altra cosa, poi ne parliamo di persona… poi andiamo a cena con questo qua e, gli diciamo le cose come stanno! Va boh?”. “Va bene – gli risponde Lauricella – te la sbrigo io appena scendi, capito?”. “Non sapevo dove andare perché io non ho mai frequentato discoteche… il primo a cui ho pensato è stato Mauro”; così si è difeso Miccoli interrogato dai pm. Tra luglio e ottobre del 2010 Lauricella tenta di recuperare le somme, ma non riuscendoci chiama in causa “amici di papà”, tanto che a uno degli appuntamenti partecipa anche Alioto. I pm fanno cenno anche a un altro episodio, non oggetto di contestazione. Miccoli, secondo gli inquirenti, si sarebbe rivolto a Lauricella anche per una divergenza con il suo ex padrone di casa. In quell’occasione il calciatore contattò l’avvocato, ma non riuscendo a trovare una soluzione ne parlò con il suo amico Lauricella che sarebbe poi intervenuto, secondo quanto spiegato dal giocatore, a sua insaputa, presso l’ex padrone di casa. L’uomo ricevette in casa una testa di capretto, classico simbolo di intimidazione in stile mafioso. Le indagini non hanno ancora appurato chi mandò il ”messaggio”.

All’inizio del 2011 a Milano, in occasione della partita contro il Milan, Miccoli consegna a Gasparini una busta con tre assegni per complessivi sette mila euro. Solo che gli assegni restano insoluti. A quel punto Gasparini non si fida più di Lauricella e si rivolge, tramite un commerciante del centro città, a Nicola Miano, che sarebbe stato poi arrestato con l’accusa di essere il capomafia di Porta Nuova. La risposta di Milano è picche. Lauricella si tiene i soldi e Gasparini non deve protestare.


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