Mafia, il massacro degli Inzerillo| Naimo e Casamento a giudizio - Live Sicilia

Mafia, il massacro degli Inzerillo| Naimo e Casamento a giudizio

Il pentito Rosario Naimo (nella foto) e Filippo Casamento saranno processati dalla Corte d'assise di Palermo. Sono accusati degli omicidi di Antonino e Pietro Inzerillo, vittime offerte in sacrificio ai Corleonesi per evitare il massacro degli scappati.

Il collaboratore di giustizia Rosario Naimo

Il collaboratore di giustizia Rosario Naimo

Massacrati per evitare una strage. Antonino e Pietro Inzerillo furono le vittime offerte in sacrificio ai Corleonesi per evitare il massacro degli scappati. Per quei delitti, Rosario Naimo e Filippo Casamento saranno processati dalla Corte d’assise di Palermo. Il giudice per l’udienza preliminare Lorenzo Matassa li ha rinviati a giudizio. È stata la collaborazione con la giustizia di Naimo ad aprire squarci investigativi su una mafia che sembrava sepolta sotto il peso degli anni e dei proiettili.

New York, 1981. Antonino Inzerillo torna dall’America in Sicilia. Un rientro a Palermo preceduto e seguito da due delitti eccellenti. Ad aprile, i Corleonesi ammazzano Stefano Bontate. I killer affiancano la Giulietta del principe di Villagrazia e lo crivellano di pallettoni al volto. Antonino Inzerillo tenta il rientro. Vuole serrare i ranghi assieme al nipote, e boss di Passo di Rigano, Totuccio Inzerillo per non perdere il controllo della città. Non fa in tempo. Diciotto giorni dopo, l’11 maggio, Totuccio viene raggiunto da una pioggia di fuoco. Anche lui è in macchina: un’Alfetta blindata. Il piano di Inzerillo naufraga e si scatena la reazione dei Corleonesi di Michele Greco, Totò Riina e Bernardo Provenzano.

La commissione provinciale di Cosa nostra si riunisce a luglio in un villino di Trappeto. La testa di Antonino Inzerillo in cambio della grazia per gli scappati in America. Così viene deciso. Il 2 febbraio del 1982 la moglie di Inzerillo, Anna Gambino, denuncia alla polizia di non avere più notizie del marito. Si è allontanato quattro mesi fa dalla loro abitazione di Conrow Road, Delran, New Jersey.

Trent’anni dopo, nell’ottobre del 2010, un uomo ha un malore per strada. Un’emorragia a un occhio. Lo soccorrono alcuni finanzieri. Quell’uomo è Rosario Naimo, latitante dal 1995 perché condannato a 19 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti. Poco dopo Naimo si pente, racconta i retroscena dell’omicidio di Antonino Inzerillo e tira in ballo anche Filippo Casamento, oggi ultraottantenne. È nella salumeria di quest’ultimo, a Brooklyn, che Inzerillo sarebbe stato ammazzato concludendo una lunga caccia all’uomo. Decisivo sarebbe stato il tradimento dello zio Tommaso Inzerillo. Anche lui doveva essere eliminato. Fu graziato perché attirò in trappola la vittima. Ad aspettarlo, secondo Naimo, c’erano <oltre a me. Io e Gianni Gambino, quattro cittadini miricani, Jo Watt, Frank De Cicco o Lo Cicco, Joy e Albertino. Erano praticissimi, avevano due silenziatori. Abbiamo sentito uno spintone e una voce: “Ma chi è?, u ioco i fuoco, poropomporopom”, e già Nino era morto. Casamento lo spinse di dietro quando arrivò”.

Il 14 gennaio del 1982 un funzionario di Polizia del New Jersey viene invitato ad andare all’hotel Hilton di Mount Laurel. Ha ricevuto una telefonata anonima. C’è una bomba in una macchina, dice la voce. La macchina c’è davvero ed è ricoperta di neve. Sotto il sedile, al fianco del guidatore, c’è una pistola. Nel portabagagli c’è il cadavere congelato di Pietro Inzerillo jr, fratello di Salvatore e nipote di Antonino Inzerillo. Due decenni dopo, le intercettazioni captate a Palermo dalla voce di Nino Rotolo, capomafia dell’Uditore, svelano la chiave di lettura del delitto: “Perché lui era uno di quelli che se ne doveva andare con Pietro (Inzerillo ndr) perché era il sottocapo. E allora cosa sto dicendo… allora cosa sto dicendo? Si è salvato a condizione che “o tu o io””. Un tradimento, quello di Casamento, che gli avrebbe salvato la vita.


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