I Di Martino sotto estorsione: "Sono mafiosi e ha insistito di pagare"

I Di Martino sotto estorsione: “Sono mafiosi e ha insistito di pagare”

Il presidente di Confindustria a LiveSicilia: "Condanniamo il pizzo"

CATANIA – “Le persone a cui corrisponde l’estorsione sono mafiosi e pertanto ha insistito di pagare per evitare ritorsioni e lavorare tranquilli”. Con queste parole Angelo Di Martino, presidente di Confindustria Catania, sentito a sommarie informazioni dalla polizia, spiega perché il fratello Filippo, suo socio nel colosso dei trasporti, “ha insistito di pagare” i soldi agli uomini ai vertici del clan Pillera. “Questo è vent’anni che paga”, dicevano i mafiosi riferendosi a Filippo Di Martino prima di essere arrestati, ma il presidente di Confindustria non ha dubbi: “Io condanno le estorsioni – sottolinea Angelo Di Martino a LiveSicilia – lo ribadisco ad ogni riunione e nessuno deve pagare. Su questo siamo impegnati con tutte le nostre forze”.

L’inchiesta della Procura

Le dichiarazioni sono contenute agli atti dell’ultima inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e affidata ai pm Assunta Musella e Fabio Saponara. Un’indagine complessa, che colpisce i piani alti della malavita etnea, forte di estorsori che razziavano fondi a imprenditori e attività commerciali. Mafia militare all’ombra di Giacomo Maurizio Ieni, uno degli storici reggenti del clan Pillera-Puntina.

Le estorsioni ai Di Martino

I proventi delle estorsioni ai Di Martino dovevano essere consegnati direttamente al boss Ieni che, nel 2021, era a piede libero. L’esattore era il cognato di Ieni, Giovanni Ruggeri, che doveva corrispondere i soldi “pattuiti” con “lo zio Filippo”, cioè Filippo Di Martino. L’inchiesta scattava dopo un’intercettazione all’interno di un altro procedimento: Giovanni Ruggeri e Francesco Ieni parlavano delle modalità di riscossione del pizzo ai Di Martino. A pochi giorni dal Natale, Giovanni Ruggeri comunicava ai sodali che stava per recarsi “da Di Martino…da loro per mio cognato”, cioè per conto del reggente. Attraverso le intercettazioni, la polizia annotava che Ruggeri si recava più volte nell’impresa.

Intercettandolo, gli investigatori scoprivano che la consegna dei soldi doveva avvenire il 18 dicembre del 2021: l’arresto scattava in flagranza di reato. Ruggeri aveva 4 mila euro in contanti, legati con un elastico. Inizialmente, infatti, bisognava corrispondere due rate da mille euro ciascuna, poi da 4mila euro, per un totale di 8mila euro l’anno.

Le parole di “Filippo”

Sentito a sommarie informazioni dopo l’arresto di Ruggeri, Filippo Di Martino confermava che l’azienda di famiglia, da circa 20 anni, era sottoposta a estorsione, aggiungento che questa “attività illecita” era iniziata con una richiesta di denaro destinato alle famiglie dei detenuti.

Il 27 dicembre del 2021, dopo l’arresto di Ruggeri, Dario Ieni è convinto che le indagini della polizia non siano partite da una denuncia dell’imprenditore, perché “questo è vent’anni che paga”. Ma sentiti dagli inquirenti, i Di Martino hanno confermato e i mafiosi sono finiti in carcere.


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